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5.
Non uccidere







IL QUINTO COMANDAMENTO










"Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti"

Mt 19,17






« Non uccidere » (Es 20,13).

« Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio". Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio » (Mt 5,21-22).

2258 « La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l'azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente ». 168







I. Il rispetto della vita umana



La testimonianza della storia sacra

2259 La Scrittura, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino, 169 rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza nell'uomo della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato originale. L'uomo è diventato il nemico del suo simile. Dio dichiara la scelleratezza di questo fratricidio: « Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello » (Gn 4,10-11).

2260 L'Alleanza tra Dio e l'umanità è intessuta di richiami al dono divino della vita umana e alla violenza omicida dell'uomo:

« Del sangue vostro anzi, ossia della vostra vita, io domanderò conto [...]. Chi sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio egli ha fatto l'uomo » (Gn 9,5-6).

L'Antico Testamento ha sempre ritenuto il sangue come un segno sacro della vita. 170 Questo insegnamento è necessario in ogni tempo.

2261 La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: « Non far morire l'innocente e il giusto » (Es 23,7). L'uccisione volontaria di un innocente è gravemente contraria alla dignità dell'essere umano, alla « regola d'oro » e alla santità del Creatore. La legge che vieta questo omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e dappertutto.

2262 Nel discorso della montagna il Signore richiama il precetto: « Non uccidere » (Mt 5,21); vi aggiunge la proibizione dell'ira, dell'odio, della vendetta. Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di porgere l'altra guancia, 171 di amare i propri nemici. 172 Egli stesso non si è difeso e ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero. 173



La legittima difesa

2263 La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un'eccezione alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio volontario. « Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della propria vita; mentre l'altro è l'uccisione dell'attentatore ». 174 « Nulla impedisce che vi siano due effetti di uno stesso atto, dei quali uno sia intenzionale e l'altro preterintenzionale ». 175

2264 L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale:

« Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita [...]. E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui ». 176

2265 La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.

2266 Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole.

2267 L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani.

Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.

Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo « sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti ». 177



L'omicidio volontario

2268 Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l'omicidio diretto e volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano all'uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo. 178

L'infanticidio, 179 il fratricidio, il parricidio e l'uccisione del coniuge sono crimini particolarmente gravi a motivo dei vincoli naturali che infrangono. Preoccupazioni eugenetiche o di igiene pubblica non possono giustificare nessuna uccisione, fosse anche comandata dai pubblici poteri.

2269 Il quinto comandamento proibisce qualsiasi azione fatta con l'intenzione di provocare indirettamente la morte di una persona. La legge morale vieta tanto di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave motivo, quanto di rifiutare l'assistenza ad una persona in pericolo.

Tollerare, da parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla morte senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa ingiustizia e una colpa grave. Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanità, commettono indirettamente un omicidio, che è loro imputabile. 180

L'omicidio involontario non è moralmente imputabile. Ma non si è scagionati da una colpa grave qualora, senza motivi proporzionati, si è agito in modo tale da causare la morte, anche senza l'intenzione di provocarla.



L'aborto

2270 La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. 181

« Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato » (Ger 1,5).

« Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra » (Sal 139,15).

2271 Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale:

« Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita ». 182

« Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come pure l'infanticidio sono abominevoli delitti ». 183

2272 La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. « Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae », 184 « per il fatto stesso d'aver commesso il delitto » 185 e alle condizioni previste dal diritto. 186 La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

2273 Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione:

« I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare: il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte ». 187

« Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. [...] Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti ». 188

2274 L'embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano.

La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se « rispetta la vita e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale [...]. Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi [...] non deve equivalere a una sentenza di morte ». 189

2275 « Si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale ». 190

« È immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile ». 191

« Alcuni tentativi d'intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità » 192 unica, irrepetibile.



L'eutanasia

2276 Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un'esistenza per quanto possibile normale.

2277 Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.

Così un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere. 193

2278 L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.



Il suicidio

2280 Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel'ha donata. Egli ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo amministratori, non proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo.

2281 Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all'amore del Dio vivente.

2282 Se è commesso con l'intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione volontaria al suicidio è contraria alla legge morale.

Gravi disturbi psichici, l'angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida.

2283 Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare l'occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita.















II. Il rispetto della dignità delle persone



Il rispetto dell'anima altrui: lo scandalo

2284 Lo scandalo è l'atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza.

2285 Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell'autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha ispirato a nostro Signore questa maledizione: « Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli, [...] sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare » (Mt 18,6). 194 Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore. 195

2286 Lo scandalo può essere provocato dalla legge o dalle istituzioni, dalla moda o dall'opinione pubblica.

Così, si rendono colpevoli di scandalo coloro che promuovono leggi o strutture sociali che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione della vita religiosa, o a « condizioni sociali che, volutamente o no, rendono ardua o praticamente impossibile una condotta di vita cristiana, conformata ai precetti del Sommo Legislatore ». 196 La stessa cosa vale per i capi di imprese i quali danno regolamenti che inducono alla frode, per i maestri che « esasperano » 197 i loro allievi o per coloro che, manipolando l'opinione pubblica, la sviano dai valori morali.

2287 Chi usa i poteri di cui dispone in modo tale da spingere ad agire male, si rende colpevole di scandalo e responsabile del male che, direttamente o indirettamente, ha favorito. « È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono » (Lc 17,1).



Il rispetto della salute

2288 La vita e la salute fisica sono beni preziosi donati da Dio. Dobbiamo averne ragionevolmente cura, tenendo conto delle necessità altrui e del bene comune.

La cura della salute dei cittadini richiede l'apporto della società perché si abbiano condizioni d'esistenza che permettano di crescere e di raggiungere la maturità: cibo e indumenti, abitazione, assistenza sanitaria, insegnamento di base, lavoro, previdenza sociale.

2289 Se la morale richiama al rispetto della vita corporea, non ne fa tuttavia un valore assoluto. Essa si oppone ad una concezione neo-pagana, che tende a promuovere il culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il successo sportivo. A motivo della scelta selettiva che tale concezione opera tra i forti e i deboli, essa può portare alla perversione dei rapporti umani.

2290 La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l'abuso dei cibi, dell'alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che, in stato di ubriachezza o per uno smodato gusto della velocità, mettono in pericolo l'incolumità altrui e la propria sulle strade, in mare, o in volo, si rendono gravemente colpevoli.

2291 L'uso della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana. Esclusi i casi di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce una colpa grave. La produzione clandestina di droghe e il loro traffico sono pratiche scandalose; costituiscono una cooperazione diretta, poiché spingono a pratiche gravemente contrarie alla legge morale.



Il rispetto della persona e la ricerca scientifica

2292 Le sperimentazioni scientifiche, mediche o psicologiche, sulle persone o sui gruppi umani, possono concorrere alla guarigione dei malati e al progresso della salute pubblica.

2293 La ricerca scientifica di base e anche la ricerca applicata costituiscono un'espressione significativa della signoria dell'uomo sulla creazione. La scienza e la tecnica sono preziose risorse quando vengono messe al servizio dell'uomo e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti; non possono tuttavia, da sole, indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano. La scienza e la tecnica sono ordinate all'uomo, dal quale traggono origine e sviluppo; esse, quindi, trovano nella persona e nei suoi valori morali l'indicazione del loro fine e la coscienza dei loro limiti.

2294 È illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni. D'altra parte, i criteri orientativi non possono essere dedotti né dalla semplice efficacia tecnica, né dall'utilità che può derivarne per gli uni a scapito degli altri, né, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. La scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso significato intrinseco, l'incondizionato rispetto dei criteri fondamentali della moralità; devono essere al servizio della persona umana, dei suoi inalienabili diritti, del suo bene vero e integrale, in conformità al progetto e alla volontà di Dio.

2295 Le ricerche o sperimentazioni sull'essere umano non possono legittimare atti in se stessi contrari alla dignità delle persone e alla legge morale. L'eventuale consenso dei soggetti non giustifica simili atti. La sperimentazione sull'essere umano non è moralmente legittima se fa correre rischi sproporzionati o evitabili per la vita o l'integrità fisica e psichica dei soggetti. La sperimentazione sugli esseri umani non è conforme alla dignità della persona se, oltre tutto, viene fatta senza il consenso esplicito del soggetto o dei suoi aventi diritto.

2296 Il trapianto di organi è conforme alla legge morale se i danni e i rischi fisici e psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati al bene che si cerca per il destinatario. La donazione di organi dopo la morte è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà. Non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso. È inoltre moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano, sia pure per ritardare il decesso di altre persone.



Il rispetto dell'integrità corporea

2297 I rapimenti e la presa di ostaggi fanno regnare il terrore e, con la minaccia, esercitano intollerabili pressioni sulle vittime. Essi sono moralmente illeciti. Il terrorismo minaccia, ferisce e uccide senza discriminazione; esso è gravemente contrario alla giustizia e alla carità. La tortura, che si serve della violenza fisica o morale per strappare confessioni, per punire i colpevoli, per spaventare gli oppositori, per soddisfare l'odio, è contraria al rispetto della persona e della dignità umana. Al di fuori di prescrizioni mediche di carattere strettamente terapeutico, le amputazioni, mutilazioni o sterilizzazioni direttamente volontarie praticate a persone innocenti sono contrarie alla legge morale. 198

2298 Nei tempi passati, da parte delle autorità legittime si è fatto comunemente ricorso a pratiche crudeli per salvaguardare la legge e l'ordine, spesso senza protesta dei Pastori della Chiesa, i quali nei loro propri tribunali hanno essi stessi adottato le prescrizioni del diritto romano sulla tortura. Accanto a tali fatti deplorevoli, però, la Chiesa ha sempre insegnato il dovere della clemenza e della misericordia; ha vietato al clero di versare il sangue. Nei tempi recenti è diventato evidente che tali pratiche crudeli non erano né necessarie per l'ordine pubblico, né conformi ai legittimi diritti della persona umana. Al contrario, esse portano alle peggiori degradazioni. Ci si deve adoperare per la loro abolizione. Bisogna pregare per le vittime e per i loro carnefici.



Il rispetto dei morti

2299 Ai moribondi saranno prestate attenzioni e cure per aiutarli a vivere i loro ultimi momenti con dignità e pace. Saranno sostenuti dalla preghiera dei loro congiunti. Costoro si faranno premura affinché i malati ricevano in tempo opportuno i sacramenti che preparano all'incontro con il Dio vivente.

2300 I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità nella fede e nella speranza della risurrezione. La sepoltura dei morti è un'opera di misericordia corporale; 199 rende onore ai figli di Dio, templi dello Spirito Santo.

2301 L'autopsia dei cadaveri può essere moralmente ammessa per motivi di inchiesta legale o di ricerca scientifica. Il dono gratuito di organi dopo la morte è legittimo e può essere meritorio.

La Chiesa permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi. 200







III. La difesa della pace



La pace

2302 Richiamando il comandamento: « Non uccidere » (Mt 5,21), nostro Signore chiede la pace del cuore e denuncia l'immoralità dell'ira omicida e dell'odio.

L'ira è un desiderio di vendetta. « Desiderare la vendetta per il male di chi va punito è illecito »; ma è lodevole imporre una riparazione « al fine di correggere i vizi e di conservare il bene della giustizia ». 201 Se l'ira si spinge fino al proposito di uccidere il prossimo o di ferirlo in modo brutale, si oppone gravemente alla carità; è un peccato mortale. Il Signore dice: « Chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio » (Mt 5,22).

2303 L'odio volontario è contrario alla carità. L'odio del prossimo è un peccato quando l'uomo vuole deliberatamente per lui il male. L'odio del prossimo è un peccato grave quando deliberatamente si desidera per lui un grave danno. « Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste... » (Mt 5,44-45).

2304 Il rispetto e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace. La pace non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l'equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l'assidua pratica della fratellanza. È la « tranquillità dell'ordine ». 202 È « frutto della giustizia » (Is 32,17) ed effetto della carità. 203

2305 La pace terrena è immagine e frutto della pace di Cristo, il « Principe della pace » (Is 9,5) messianica. Con il sangue della sua croce, egli ha distrutto in se stesso l'inimicizia, 204 ha riconciliato gli uomini con Dio e ha fatto della sua Chiesa il sacramento dell'unità del genere umano e della sua unione con Dio. 205 « Egli è la nostra pace » (Ef 2,14). E proclama: « Beati gli operatori di pace » (Mt 5,9).

2306 Coloro che, per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, rinunciano all'azione violenta e cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei più deboli, rendono testimonianza alla carità evangelica, purché ciò si faccia senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle società. Essi legittimamente attestano la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla violenza, che causa rovine e morti. 206



Evitare la guerra

2307 Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la bontà divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra. 207

2308 Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre.

« Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa ». 208

2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

— che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;

— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;

— che ci siano fondate condizioni di successo;

— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della « guerra giusta ».

La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.

2310 I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale.

Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al mantenimento della pace. 209

2311 I pubblici poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana. 210

2312 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. « Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto ». 211

2313 Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri.

Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un « genocidio ».

2314 « Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato ». 212 Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche.

2315 L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; 213 ostacola lo sviluppo dei popoli. L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause di conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.

2316 La produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle nazioni e della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno pertanto il diritto e il dovere di regolamentarli. La ricerca di interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale.

2317 Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra:

« Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina: "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Is 2,4) ». 214







In sintesi


2318 Dio « ha in mano l'anima di ogni vivente e il soffio di ogni carne umana » (Gb 12,10).

2319 Ogni vita umana, dal momento del concepimento fino alla morte, è sacra, perché la persona umana è stata voluta per se stessa ad immagine e somiglianza del Dio vivente e santo.

2320 L'uccisione di un essere umano è gravemente contraria alla dignità della persona e alla santità del Creatore.

2321 La proibizione dell'omicidio non abroga il diritto di togliere, ad un ingiusto aggressore, la possibilità di nuocere. La legittima difesa è un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune.

2322 Fin dal concepimento il bambino ha diritto alla vita. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è una pratica « vergognosa », 215 gravemente contraria alla legge morale. La Chiesa condanna con la pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana.

2323 Dal momento che deve essere trattato come una persona fin dal concepimento, l'embrione deve essere difeso nella sua integrità, curato e guarito come ogni altro essere umano.

2324 L'eutanasia volontaria, qualunque ne siano le forme e i motivi, costituisce un omicidio. È gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore.

2325 Il suicidio è gravemente contrario alla giustizia, alla speranza e alla carità. È proibito dal quinto comandamento.

2326 Lo scandalo costituisce una colpa grave quando chi lo provoca con azione o con omissione deliberatamente spinge altri a peccare gravemente.

2327 Si deve fare tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la guerra, dati i mali e le ingiustizie di cui è causa. La Chiesa prega: « Dalla fame, dalla peste e dalla guerra liberaci, Signore ».

2328 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. Le pratiche contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, deliberatamente messe in atto, sono crimini.

2329 La corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri. 216

2330 « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9).







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6° Non Commettere Atti Impuri




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I DIECI COMANDAMENTI


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Note

(168) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, Introductio, 5: AAS 80 (1988) 76-77.

(169) Cf Gn 4,8-12.

(170) Cf Lv 17,14.

(171) Cf Mt 5,22-26.38-39.

(172) Cf Mt 5,44.

(173) Cf Mt 26,52.

(174) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.

(175) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.

(176) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.

(177) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 56: AAS 87 (1995) 464.

(178) Cf Gn 4, 10.

(179) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 51: AAS 58 (1966) 1072.

(180) Cf Am 8,4-10.

(181) Cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 1, 1: AAS 80 (1988) 79.

(182) Didaché 2, 2: SC 248, 148 (Funk 1, 8); cf Lettera dello Pseudo Barnaba 19, 5: SC 172, 202 (Funk 1, 90); Lettera a Diogneto 5, 6: SC 33, 62 (Funk 1, 398); Tertulliano, Apologeticum, 9, 8: CCL 1, 103 (PL 1, 371-372).

(183) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 51: AAS 58 (1966) 1072.

(184) CIC canone 1398.

(185) CIC canone 1314.

(186) Cf CIC canoni 1323-1324.

(187) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 3: AAS 80 (1988) 98-99.

(188) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 3: AAS 80 (1988) 99.

(189) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 1, 2: AAS 80 (1988) 79-80.

(190) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 1, 3: AAS 80 (1988) 80-81.

(191) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 1, 5: AAS 80 (1988) 83.

(192) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 1, 6: AAS 80 (1988) 85.

(193) Cf Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Iura et bona: AAS 72 (1980) 542-552.

(194) Cf 1 Cor 8,10-13.

(195) Cf Mt 7,15.

(196) Pio XII, Messaggio radiofonico (1o giugno 1941): AAS 33 (1941) 197.

(197) Cf Ef 6,4; Col 3,21.

(198) Cf Pio XI, Lett. enc. Casti connubii: DS 3722-3723.

(199) Cf Tb 1,16-18.

(200) Cf CIC canone 1176, § 3.

(201) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 158, a. 1, ad 3: Ed. Leon. 10, 273.

(202) Sant'Agostino, De civitate Dei, 19, 13: CSEL 402, 395 (PL 41, 640).

(203) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101.

(204) Cf Ef 2,16; Col 1,20-22.

(205) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1: AAS 57 (1965) 5.

(206) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101-1102.

(207) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 81: AAS 58 (1966) 1105.

(208) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.

(209) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.

(210) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.

(211) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.

(212) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 80: AAS 58 (1966) 1104.

(213) Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 53: AAS 59 (1967) 283.

(214) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1102.

(215) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 27: AAS 58 (1966) 1048.

(216) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 81: AAS 58 (1966) 1105.













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"[...] Non abbiate paura!
APRITE, anzi, SPALANCATE le PORTE A CRISTO!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa "cosa è dentro l’uomo". Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. [...]"


Papa Giovanni Paolo II
(estratto dell'omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978)



 
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