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LA SINDONE







Gesù di Nazaret - Il mistero dell’Uomo della Sindone




La Sindone (dal greco Sindon, lenzuolo) è un lenzuolo di lino che ha certamente avvolto il cadavere di un uomo che è stato flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e trapassato da una lancia al costato.
Le dimensioni del lenzuolo sono 442 cm per 113 cm.

Possiamo distinguere due linee scure, carbonizzate, causate da un incendio nel 1532: il lenzuolo ripiegato fu perforato in un punto da materiale rovente che proveniva dal reliquiario che stava fondendo; una volta che la Sindone fu aperta, i fori della bruciatura erano ripetuti in molti punti.

Ci sono anche quattro gruppi di bruciature precedenti al 1532: infatti quei segni compaiono in una copia della Sindone dipinta nel 1516.
È attribuita ad Albrecht Dürer ed è attualmente conservata a Lier, in Belgio, nella chiesa di Saint Gommaire. Le copie sono testimonianze della devozione alla Sindone. Sulla Sindone possiamo anche distinguere gli aloni causati da acqua come pure le riparazioni fatte dalle Clarisse di Chambéry nel 1534.

Le riparazioni fatte dalle Clarisse di Chambéry nel 1534 sono state rimosse nel 2002.
Sull’impronta umana possiamo distinguere (da sinistra a destra) la ferita al piede destro, la ferita al polso sinistro, la ferita al costato, le ferite sulla fronte, le ferite sulla testa dovute alla corona di spine, le ferite dovute al trasporto del patibulum (il palo orizzontale della croce), colpi di flagello su tutto il corpo, il calcagno e la pianta del piede destro.







Le fotografie




Fra il 25 e il 28 maggio 1898, un avvocato, Secondo Pia, realizzò la prima fotografia della Sindone.
Egli scoprì che l'immagine impressa sulla Sindone (in alto) si comporta come un negativo fotografico del corpo che fu avvolto nel lenzuolo.
Essa rivela nella lastra negativa (in basso) come un positivo del corpo. Infatti, quando una persona fotografa la Sindone, non fotografa il corpo, ma il suo negativo, che il corpo stesso ha lasciato nella Sindone.

Durante l’Ostensione (cioè l’esposizione) del 1931 per le nozze di Umberto di Savoia, il fotografo professionista Giuseppe Enrie ha fotografato la Sindone. Possiamo confrontare la fotografia di Enrie (a destra) con la fotografia del Pia (a sinistra).
L’emozionante scoperta del negativo ha mostrato in modo molto preciso le caratteristiche dell'Uomo della Sindone. Ciò fu l'inizio degli studi e delle ricerche, in particolare nel campo medico-legale.







Le ricerche sul tessuto




Nel 1978, dall’8 al 14 ottobre, molti scienziati, la maggior parte dei quali membri dello statunitense STURP (Shroud of Turin Research Project, Progetto di Ricerca sulla Sindone di Torino), hanno condotto misurazioni ed analisi sulla reliquia per 120 ore consecutive, per realizzare un'indagine scientifica multidisciplinare.

I risultati hanno mostrato che è un lenzuolo di lino, filato e tessuto nella regione del Medio Oriente.
La manifattura rudimentale del materiale, la torcitura Z in senso orario dei fili, la tessitura in diagonale 3 a 1, la presenza di tracce di cotone egizio antichissimo, l'assenza di tracce di fibre animali (infatti gli Ebrei tessevano la lana e il lino con telai separati), sono tutti elementi che confermano l'origine del tessuto nell'area siro-palestinese del primo secolo. Il tessuto a spina di pesce è pregiato: quindi l'uomo che vi è stato avvolto deve essere stato un personaggio di alto livello. Un ladrone sarebbe stato gettato in una fossa comune senza alcun lenzuolo.
Le somiglianze sono evidenti tra la Sindone messa a confronto con le stoffe egizie a spina di pesce del secondo secolo d. C. provenienti dalla tomba di una persona facoltosa.
La Sindone con intreccio 3:1 a confronto con la stoffa della tomba di Akeldama, Gerusalemme, I secolo d. C., con intreccio 2:1.
Sulla Sindone c’è una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo trovate a Masada, una collina vicino al Mar Morto.
Il materiale prelevato dalla Sindone con nastri adesivi è stato studiato in diversi laboratori. Sulla Sindone sono state trovate tracce di aloe e mirra, le spezie funebri profumate usate dagli Ebrei nel primo secolo d. C.
Inoltre è stata trovata la presenza di cristalli di aragonite (un tipo di carbonato di calcio) con impurezze simili a quelle dell’aragonite trovata nelle grotte di Gerusalemme; c’è anche una grande abbondanza di pollini del Medio Oriente, che non esistono in Europa.
Zygophyllum dumosum, una pianta desertica che cresce in Israele (in Giordania occidentale ed al Sinai) ma non in Europa.
Cistus creticus, una pianta che cresce nella zona mediterranea di Israele.
Gundelia tournefortii, una pianta della steppa che cresce soltanto in Medio Oriente, soprattutto in Israele ma non in Europa.

Sulla Sindone sono stati identificati i pollini di 77 diversi tipi di piante, tre quarti delle quali non esistono in Europa e 13 delle quali sono tipiche ed esclusive del deserto vicino a Gerusalemme.

La località più probabile per tutte le specie di piante, i cui pollini sono stati identificati sulla Sindone, si trova in un raggio di 20 km attorno a Gerusalemme.







Le macchie di sangue




Le macchie di sangue e siero sul lino non sono riproducibili con mezzi artificiali. È sangue coagulatosi sulla pelle di un uomo ferito.
Si è ridisciolto per fibrinolisi a contatto con la stoffa umida per un periodo di circa 36 ore.
La fine del contatto è avvenuta senza causare un movimento che avrebbe alterato i bordi delle tracce di sangue.
La permanenza del cadavere nella Sindone per un periodo di tempo limitato può essere dedotta non soltanto dall'interruzione del processo fibrinolitico ma anche dall'assenza di qualsiasi segno di decomposizione.

Si tratta di sangue umano maschile ricco di bilirubina: ciò significa che appartiene ad una persona che ha sofferto grandi traumi.
È sangue di gruppo AB.
Questo è il gruppo sanguigno meno comune; soltanto il cinque per cento della popolazione appartiene a questo gruppo sanguigno.

Un confronto interessante può essere fatto con i risultati della ricerca intrapresa sul miracolo di eucaristico di Lanciano (Italia).
Qui, nell'ottavo secolo, nella chiesa di San Legonziano, mentre era nelle mani di un monaco basiliano che dubitava della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche, l'ostia, al momento della consacrazione, si è trasformata in carne e il vino è diventato sangue.

I risultati dalla ricerca condotta nel 1970 da Odoardo Linoli, un docente di anatomia ed istologia patologica e di chimica e microscopia clinica all'università di Siena (Italia), hanno mostrato che la carne è vero tessuto miocardico di un cuore umano che si mantiene miracolosamente incorrotto e il sangue è autentico sangue umano del gruppo AB.
Il sangue è anche dello stesso tipo di quello riscontrato sul Sudario conservato nella Cattedrale di Oviedo (Spagna), una tela di 83 x 52 cm che presenta numerose macchie di sangue simmetriche, passate da una parte all'altra mentre era piegata in due.
La tradizione la definisce Santo Sudario o Sagrado Rostro, cioè Sacro Volto.
La preziosa stoffa giunse ad Oviedo nel IX secolo, in un'Arca Santa di legno con altre reliquie, proveniente dall'Africa settentrionale.
Il sangue presente sul Sudario è umano e appartiene al gruppo AB.











1 Ferita al piede destro.

2 Aloni causati da acqua.

3 Ferita al costato.

4 Pieghe della tela.

5 Colpi di flagello.

6 Tallone e pianta del piede destro.

7 Linee carbonizzate della tela prodotte dall'incendio del 1532.

8 Rappezzi fatti dalle Clarisse di Chambéry.

9 Contusioni alle spalle dovute al trasporto del patibulum.

10 Ferite alla testa dovute alla corona di spine.

11 Ferita alla fronte.

12 Ferita al polso sinistro







L’immagine sulla Sindone




Oltre al sangue, sulla Sindone c'è l'immagine del corpo che vi fu avvolto.
Questa immagine, dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali del lino, è paragonabile ad un negativo fotografico.
È superficiale, dettagliata, termicamente e chimicamente stabile.
È stabile anche all'acqua.
Non è composta da pigmenti, è priva di direzionalità e non è stata provocata dal semplice contatto del corpo con il lenzuolo: con il contatto il telo o tocca o non tocca, non c'è via di mezzo.
Invece sulla Sindone c'è immagine anche dove sicuramente non c'era contatto.
Sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, successivamente, si formava l'immagine.
L'immagine esiste soltanto sulle fibrille superficiali del lino.
Nessuna immagine è stata osservata sul rovescio della stoffa.

L’immagine non è stata prodotta con mezzi artificiali.

Non è un dipinto né una stampa: sulla stoffa è assente qualsiasi pigmento.

Non è il risultato di una strinatura prodotta con un bassorilievo riscaldato: le impronte così ottenute passano da parte a parte, tendono a sparire, hanno diversa fluorescenza e non hanno caratteristiche tridimensionali paragonabili a quelle della Sindone.
L’assenza di pigmenti è stata confermata dalla fotografia in luce trasmessa.
Non conosciamo il meccanismo fisico-chimico all'origine dell'impronta; però si può ipotizzare come un fiotto di radiazione non penetrante che si attenua con il passaggio nell'aria e diminuisce con la distanza.

Come un cadavere abbia potuto imprimere sul lenzuolo l'immagine fotografica di se stesso è un fenomeno unico ed ancora inspiegabile.

Il chiaroscuro dell’immagine è proporzionale alle diverse distanze che esistevano fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio.
Esso può essere letto e ricostruito da un computer e da un analizzatore VP-8 con un effetto tridimensionale.
Una normale immagine piatta dovrebbe fornire un rilievo distorto; al contrario, in questo caso si ottiene un corpo tridimensionale ben proporzionato.

Era alto 1 m e 75 centimetri e aveva circa 30-40 anni.

La ricostruzione del volto ha mostrato la possibile presenza di piccoli oggetti sugli occhi.

Alcuni studiosi ritengono che sugli occhi siano state poste piccole monete, coniate nel 29 d.C. sotto Ponzio Pilato.

Si notano anche alcune tracce che sono state interpretate come lettere presenti sulle monetine.







La datazione della Sindone




Da molti anni si discute anche della presunta presenza di segni grafici sulla Sindone, soprattutto attorno al volto.

L’ipotesi che la Sindone sia l’autoritratto di Leonardo da Vinci è ridicola: Leonardo nacque nel 1452, un secolo dopo la presenza documentata della Sindone in Francia, perciò è impossibile che egli abbia realizzato la Sindone.

Fra le più svariate ipotesi di fabbricazione ad arte dell’immagine sindonica vi è anche quella che propone l'avvolgimento di un altro corpo umano: ad esempio quello di un crociato, Jacques De Molay, l’ultimo Gran Maestro dei Templari, che però in realtà morì sul rogo.

Nessuna possibilità anche per la realizzazione della Sindone con un bassorilievo riscaldato e ocra: l’immagine della Sindone non è una bruciatura e le macchie rosse sulla Sindone sono sangue.

C’è la stessa impossibilità per la realizzazione della Sindone con ocra e un pigmento misto ad acido solforico: con l’acido solforico l’immagine ha caratteristiche diverse e le macchie rosse sulla Sindone sono sangue.

Uno studio molto importante è stato realizzato da un medico statunitense, August Accetta, il quale ha condotto un esperimento su se stesso: ha iniettato nelle sue vene una soluzione di difosfato di metilene contenente tecnezio-99m, un isotopo radioattivo che decade rapidamente.
Ogni atomo di tecnezio emette un unico raggio gamma che può essere registrato da una apposita apparecchiatura di rilevamento. Il Dr. Accetta intendeva realizzare un’immagine provocata da una radiazione emessa da un corpo umano.
Presso l’ENEA, un centro di ricerca di Frascati (Roma), alcune stoffe di lino sono state irradiate con un laser ad eccimeri che emette una radiazione ultravioletta ad alta intensità.
I risultati mostrano interessanti analogie con le caratteristiche dell’immagine sindonica e confermano la possibilità che l’immagine sia stata provocata da una radiazione ultravioletta direzionale.
La colorazione del lino diventa più intensa con il trascorrere del tempo.
Secondo molti fisici, l’immagine presente sulla Sindone potrebbe essere stata causata da un effetto fotoradiante provocato dall’energia sprigionatasi dal corpo di Cristo al momento della resurrezione.
Nel 1988 i laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo datarono la Sindone con il metodo del C14, che misura il radiocarbonio residuo in un reperto.
Più tempo è passato dalla morte del vegetale o animale, meno C14 conterrà.
Ma se c’è una contaminazione successiva alla morte con C14 proveniente da altre fonti, che non viene rimosso con il metodo di pulizia impiegato, anche questo C14 sarà misurato.
Il campione risulterà essere più radioattivo e per la datazione sembrerà "più giovane".
Il risultato per la Sindone fu sorprendente: sarebbe stata fabbricata fra il 1260 e il 1390 d. C.!

Ma studi successivi hanno dimostrato la non applicabilità di questo metodo alla reliquia.

Riguardo alla radiodatazione della Sindone, ci sono alcune perplessità sulle procedure dell'esame.
I pesi e le misure dei campioni della Sindone sono in disaccordo: sulla base dei dati dichiarati, i campioni pesavano quasi il doppio di quanto avrebbero dovuto.

La scelta della zona da cui i campioni sono stati prelevati era errata: soltanto da un angolo che è molto inquinato ed è stato restaurato nel Medio Evo.

Il chimico Alan Adler della Western Connecticut State University di Danbury (USA), membro della commissione per la conservazione della Sindone, ha riscontrato sul campione usato per la radiodatazione un grado di inquinamento tale da poter dichiarare che esso non è rappresentativo dell'intero lenzuolo.

Inoltre l'alta temperatura raggiunta nel reliquiario durante l'incendio di Chambéry del 1532, in mancanza di ossigeno, può aver provocato scambi di isotopi che hanno portato ad un arricchimento di carbonio radioattivo, facendo risultare più "giovane" il tessuto.

Il 13 ottobre 1988 fu annunciato il risultato della datazione radiocarbonica della Sindone in una conferenza stampa a Torino con il portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls, l’arcivescovo di Torino card. Anastasio Ballestrero, il suo consulente scientifico Luigi Gonella.
Colpo di scena: l’indomani, a sorpresa, anche gli scienziati del laboratorio di Oxford e Michael Tite, direttore del laboratorio del British Museum, tennero una conferenza stampa con chiari intenti derisori, palesati dal punto esclamativo che si vede sulla lavagna alle loro spalle.

Durante le ostensioni della Sindone, l’angolo da cui fu prelevato il campione era una delle parti più toccate del lenzuolo.
Esso ha inoltre sofferto tante vicissitudini (incendi, restauri, acqua, esposizioni all'ambiente esterno, al fumo delle candele, al respiro dei fedeli, ecc.) e quindi è andato soggetto a molte alterazioni e contaminazioni.
Nel 1982 un filo della Sindone, proveniente dalla zona del campione usato per l'analisi radiocarbonica, fu già datato con il metodo radiocarbonico in California. Metà del filo appariva coperta da amido. Questo filo fu diviso a metà: la parte non inamidata risultò del 200 d.C., mentre la parte inamidata fornì una data del 1000 d.C.
Leoncio Garza Valdés, ricercatore dell'Istituto di Microbiologia dell'University of Texas Health Science Centre di San Antonio (Texas, USA) afferma di aver identificato su fili della Sindone la presenza di un complesso biologico composto da funghi e batteri che ricopre come una patina i fili. La patina è spessa quanto i fili che ricopre e non è eliminabile con i consueti trattamenti di pulizia.
Sono necessari speciali enzimi.
Questo fattore avrebbe falsato la datazione radiocarbonica.







Storia




Esistono casi clamorosi di datazioni errate a causa di contaminazioni ineliminabili.

La mummia egizia 1770 del museo di Manchester (Regno Unito), ad esempio, ha fornito date diverse per le ossa e le bende; queste ultime sono risultate ad una prima datazione 800-1.000 anni più giovani delle ossa, ad una seconda datazione 220-460 anni più giovani delle ossa.

Successive datazioni di questa mummia hanno continuato a fornire risultati contraddittori, forse a causa delle resine e degli unguenti usati nella mummificazione.
Nella zona del campione usato per l'analisi radiocarbonica sono state identificate fibrille di cotone che può essere stato aggiunto per una riparazione.
Le fibre della Sindone in questa zona appaiono rivestite e impregnate da una sostanza amorfa giallo-bruna, il cui colore varia di intensità da una fibra all’altra.
Le fibre provenienti dalle altre parti della Sindone non presentano tale rivestimento, che è quasi certamente una gomma vegetale gialla, molto probabilmente gomma Arabica, usata diffusamente in passato per applicazioni tessili.
Un “rammendo invisibile” è stato probabilmente realizzato nel XVI secolo con grande perizia.


Le principali tappe del viaggio della Sindone sono:


Gerusalemme,

Edessa (ora Urfa, Turchia),

Costantinopoli (ora Istanbul, Turchia),

Atene (Grecia),

Ray-sur-Saône (Francia),

Besançon (Francia),

Lirey (Francia),

Chambéry (Francia),

Torino (Italia).















30 d.C. - Venerdì 7 aprile il corpo di Gesù è avvolto in un candido lino.
La mattina del giorno dopo il Sabato questo Lenzuolo viene trovato vuoto. Nell'ambiente ebraico del primo secolo un telo che aveva avvolto un cadavere era considerato un oggetto impuro, dunque da non esporre.
I cristiani saranno perseguitati per tre secoli.


42 - Persecuzione della Chiesa ad opera di Agrippa I e possibile trasferimento presso il Mar Morto.


66 - A Pella, una città della Decapoli, al di là del Giordano, prima della sollevazione anti-romana si sono rifugiati i cristiani, recando con sé "le cose sacre" (Eusebio, Storia ecclesiastica, III, 5, 2-3).

Nel primo periodo del cristianesimo, Gesù era rappresentato in maniera simbolica, come un pesce eucaristico, il cui nome in greco è IXTHUS, un acronimo di Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore (Catacombe di S. Callisto, Roma, III secolo).
Le prime rappresentazioni umane di Gesù nelle catacombe sono il Buon Pastore (Catacombe di Priscilla, Roma, III secolo) e il taumaturgo (Catacombe dei SS. Marcellino e Pietro, Roma, III secolo) ancora simbolici: la giovinezza di Gesù significa l’eternità di Dio.
Era il periodo del nascondimento della Sindone in Medio Oriente.


II sec. - Esiste ad Edessa (attuale Urfa - Turchia) una particolare immagine su stoffa del volto di Gesù. Ci sono molti motivi per pensare che l'immagine misteriosa fosse la Sindone, piegata in modo da mostrare soltanto il volto.
Nella sua Storia Ecclesiastica, Eusebio narra che Abgar V Ukama (il Nero), re di Edessa all'epoca di Cristo, era malato. Saputo dell'esistenza di Gesù di Nazareth che operava miracoli, mandò a lui un suo inviato per chiedergli di recarsi alla corte di Edessa. Gesù non andò, ma inviò una lettera.

Secondo un'altra tradizione antica, fu S. Giuda Taddeo, uno degli apostoli, a portare da Gerusalemme a Edessa questo panno.
Il re di Edessa, Abgar V Ukama, guarì dalle sue infermità grazie ad una luce che si sprigionò dall’immagine presente sul telo.

Una tradizione parallela è raccolta nella Dottrina di Addaï (forse una deformazione del nome dell'apostolo Giuda Taddeo), che risalirebbe alla fine del IV secolo, oppure, secondo altri autori, all'epoca dell'assedio di Edessa del 544.
È una composizione siriaca che include varie leggende; secondo questa versione, Abgar inviò il suo archivista e pittore Hannan che tornò a Edessa con un'immagine di Cristo dipinta da lui e con una lettera in cui veniva promessa da Gesù l'incolumità della città.


393 - Ad Anablatha, vicino Gerusalemme, sulla via verso Bethel, Epifanio di Salamina strappa un "velo" della dimensione adatta per uso funebre, sul quale si vede, dai contorni incerti, un'immagine umana intera.


525 - Secondo fonti differenti, durante il lavoro di restauro della chiesa di S. Sofia in Edessa, viene riscoperta l'immagine di Gesù su un panno, chiamato Mandylion (fazzoletto).
Mandylion o Immagine di Edessa era un telo, venerato dalle comunità cristiane orientali, sul quale era raffigurato il volto di Gesù. L'immagine era ritenuta di origine miracolosa ed era quindi detta acheropita, cioè "non fatta da mano umana".
Molte testimonianze e descrizioni mettono in relazione questa immagine con la Sindone.
Dettagli dell’icona del Salvatore con venti scene di L. Stepanov e S. Kostromitine, XVII secolo, iconostasi della cattedrale superiore della Redenzione (Cremlino, Mosca, Russia).
C’è una forte somiglianza fra il volto della Sindone e le copie del Mandylion.
Ci sono più di 100 punti di congruenza (questi sono i punti in cui due figure sono sovrapponibili; sulla base del criterio legale americano 60 punti sono sufficienti per affermare che due immagini appartengono alla stessa persona).


544 - A Edessa in una nicchia delle mura viene scoperta un'immagine di Gesù, che libera la città dall'assedio persiano ad opera del re Cosroe I Anushirvan. Vengono confezionate almeno due copie del volto, venerate nella chiesa dei Nestoriani e in quella dei Giacobiti, mentre il Mandylion autentico si venera nella chiesa Grande (S. Sofia) ufficiata dai Melkiti-Calcedonesi.

Dal VI secolo il volto di Edessa è stato copiato.

Se vediamo il volto di Cristo, trovato a Homs (Emesa), Siria, su un vaso d'argento del VI secolo oppure il volto di Cristo su un reliquiario d’argento del VI secolo proveniente da Chersonesus (Crimea, Ucraina) conservato presso l’Ermitage a San Pietroburgo (Russia) e ancora il volto di Cristo, XI secolo, Daphni (Atene, Grecia) possiamo constatare che ci sono molte somiglianze proprio con il volto della Sindone.

Ad esempio ci sono più di 250 punti di congruenza sovrapponendo il volto della Sindone con il volto di Cristo del VI secolo, del monastero di S. Caterina (Sinai).

Il volto di Edessa dal VII secolo è stato riprodotto sulle monete bizantine. Volto della Sindone e volto di Cristo del VII secolo, solidus d'oro, una moneta dell'imperatore bizantino Giustiniano II, sovrapposti. Ci sono più di 100 punti di congruenza.

Confronto tra il volto sindonico e alcune icone del volto di Cristo.

Mandylion, affresco, monastero Docheiariou, Monte Athos, XVI secolo.
Il Mandylion è un grande panno descritto con la parola tetradiplon (raddoppiato in quattro).
Alcune copie del Mandylion mostrano un largo rettangolo; al centro si vede soltanto la testa di Cristo.

Mandylion, affresco, Gradac (Serbia), XII secolo.
La superficie del Mandylion è coperta da una griglia di losanghe, ognuna con un fiore al centro.

La Sindone "raddoppiata in quattro" e coperta con una griglia.

Il Mandylion o "Immagine di Edessa" molto probabilmente era la Sindone piegata in otto strati in modo da mostrare soltanto il volto.


944 - In seguito ad uno stretto assedio, in giugno i Bizantini si fanno consegnare il Mandylion dalle autorità islamiche del sultanato arabo di Edessa. La teca viene portata a Samosata (presso l’attuale Samsat – Turchia) per un primo controllo con le copie. Poi il corteo si dirige verso la Bitinia, passando forse per Cesarea di Cappadocia (attuale Kayseri – Turchia) e Laodicea (presso l’attuale Denizli – Turchia). In un villaggio presso il fiume Sangarius viene accolto dalle autorità imperiali guidate dal cubicularius Teofane (prima decade di agosto).
Il 15 agosto la teca giunge a Costantinopoli e viene riposta per una prima venerazione nella chiesa di S. Maria delle Blacherne. Il giorno successivo una solenne processione accompagna il trasporto della teca per le vie di Costantinopoli fino a S. Sofia. Di qui la teca con il Mandylion viene portata nel Bukoleon (il palazzo imperiale) e riposta nella Cappella di S. Maria del Faro insieme con le altre reliquie della Passione. Dell'arrivo del Mandylion a Costantinopoli ne abbiamo testimonianza nell'omelia attribuita a Costantino VII Porfirogenito (imperatore di Costantinopoli dal 912 al 959) e nel resoconto di Gregorio il Referendario. Nel manoscritto di Johannes Skylitzès (XI secolo, Biblioteca Nazionale di Madrid) l'imperatore è rappresentato nel momento in cui venera il Mandylion.
Il Mandylion con ogni probabilità era la Sindone ripiegata in otto strati in modo da far vedere solo il volto. L'immagine del corpo di Cristo viene riprodotta con particolari ispirati alla Sindone; per esempio nel manoscritto Pray di Budapest datato 1192 -1195. L'asimmetria degli arti inferiori che si osserva sulla Reliquia (gamba sinistra più flessa) fa nascere la leggenda del Cristo zoppo, riprodotta dagli artisti con la cosiddetta "curva bizantina" e con il poggiapiedi della croce inclinato

Il Synaxarion (un libro liturgico della Chiesa Ortodossa) del monastero di Iveron, Monte Athos, descrive “l'immagine di Edessa” come il corpo completo di Cristo e il suo sangue; e nel codice Vat.Gr.511 del X secolo, Gregorio il Referendario descrive il Mandylion riferendosi pure alla ferita del costato.

Anche il Codex Vossianus Latinus Q 69 del X secolo, conservato nella biblioteca della Rijksuniversiteit di Leida (Paesi Bassi), descrive “l'immagine di Edessa” come l’intero corpo di Cristo.

Il Mandylion è pure collegato all’Imago pietatis (Uomo dei Dolori), una rappresentazione del Cristo morto ispirata alla Sindone. Icona del XVI secolo, Museo Kolomenskoe, Mosca, Russia.
Nell’Imago pietatis della Basilica dei Santi Quattro Coronati a Roma, Italia, XIII secolo si nota il corpo flagellato di Cristo e gli angeli che mostrano la Sindone.


1147 - Luigi VII, re di Francia, durante la sua visita a Costantinopoli venera la Sindone.


1171 - Manuele I Comneno mostra ad Amalrico, re dei Latini di Gerusalemme, le reliquie della Passione, tra le quali è la Sindone


Nel manoscritto Pray di Budapest, che risale al 1192 -1195, l’immagine del corpo di Cristo viene riprodotta con particolari ispirati alla Sindone.
Cristo appare molto simile all'immagine della Sindone: le mani sono incrociate sull'addome con i pollici piegati verso la palma. L'angelo mostra la Sindone vuota alle pie donne. È interessante notare che il rivolo di sangue sulla fronte, visibile sulla Sindone, è simile al segno sulla fronte dell'immagine sul manoscritto.

Nella cattedrale di Chartres, Francia, XIII secolo è interessante una vetrata nella quale si osserva il crocifisso, dal volto chiaramente sindonico, con un rivolo a forma di tre sulla fronte che richiama quello presente sulla fronte dell’Uomo della Sindone.
Su un’altra vetrata della cattedrale di Chartres è presente una deposizione di Cristo ispirata alla Sindone.
Molto interessante è anche l’epitaphios, un drappo liturgico del Venerdì Santo Ortodosso, conservato nel monastero di Stavronikita, Monte Athos, XIV secolo. Si nota la tessitura a spina di pesce della Sindone. La Divina Liturgia della Chiesa Ortodossa è celebrata su un corporale con un'immagine di Gesù giacente nella Sindone.


1204 - Robert de Clary, cronista della IV Crociata, scrive nella sua opera La conquête de Constantinople che prima della caduta di Costantinopoli (14 aprile 1204), una Sydoine veniva esposta ogni venerdì nella Chiesa di S. Maria di Blachernae e che su quel telo la figura del Cristo era chiaramente visibile.
Però de Clary aggiunge: "Ma né i Greci né i Francesi sanno cosa sia avvenuto del Lenzuolo dopo che fu saccheggiata la città".
La Sindone sparisce così da Costantinopoli ed è probabile che il timore della scomunica esistente per i ladri di reliquie ne abbia provocato l'occultamento.


1205 - Teodoro Angelo-Comneno, fratello di Michele I, Despota d’Epiro e nipote di Isacco II, Imperatore di Bisanzio quando la città venne saccheggiata dai Crociati Latini, afferma che la Sindone si trova ad Atene (Chartularium Culisanense, f. CXXVI, copia esistente nell’Archivio Ecclesiastico di Santa Caterina a Formiello, Napoli).


1208 - Pons de la Roche dona ad Amadeus de Tramelay, Arcivescovo di Besançon (Francia), la Sindone che gli aveva inviato suo figlio Othon de la Roche, Duca Latino di Atene.
Nel castello di Ray-sur-Saône (Francia), residenza della famiglia de La Roche, è ancora conservato il cofanetto che ha contenuto la Sindone.


1314 - I Templari, ordine cavalleresco crociato, sono condannati al rogo come eretici, accusati anche di un culto segreto alla testa di un uomo.
Uno di essi si chiamava Geoffroy de Charny, come il crociato che per primo ha esposto la Sindone quaranta anni dopo, proprio in Francia.
Alcuni indizi suggeriscono che la Sindone è stata conservata per un lungo periodo dai Templari.
Questo volto è stato trovato a Templecombe (Inghilterra).
Corrisponde a quello della Sindone in 125 punti.
Era il misterioso volto venerato dai cavalieri Templari.


1349 - 6 marzo, durante l’incendio della cattedrale di Besançon, scompare la Sindone.


1356 - Geoffroy de Charny, cavaliere crociato omonimo del precedente e suo parente, consegna la Sindone ai canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia.
Il prezioso telo era in suo possesso da almeno tre anni. Sua moglie, Jeanne de Vergy, è una pronipote di Othon de la Roche.
Medaglione di pellegrinaggio della Sindone esibita a Lirey, 1357.
Gli scudi sono gli stemmi di Geoffroy de Charny e di sua moglie Jeanne de Vergy.


1389 - Pierre d'Arcis, vescovo di Troyes, proibisce l'ostensione della Sindone tenuta a Lirey da Geoffroy II de Charny senza il suo permesso.


1390 - Clemente VII, antipapa di Avignone, tratta della Sindone in due Bolle e due lettere.


1453 - Marguerite de Charny, figlia di Geoffroy II, consegna il Lenzuolo ad Anna di Lusignano, moglie del duca Ludovico di Savoia, che lo custodirà a Chambéry.
Viene costruita una Sainte Chapelle per conservare la Sindone.


1506 - Papa Giulio II approva la Messa e l'Ufficio della Sindone, permettendone il culto pubblico.
All’interno della Sainte Chapelle di Chambéry, la Sindone era conservata in una nicchia dietro l’altare.


1532 - Incendio a Chambéry nella notte fra il 3 e il 4 dicembre: l'urna di legno rivestita d'argento, che custodisce la Sindone nella Sainte-Chapelle del castello dei Savoia, ha un lato arroventato e la Reliquia subisce notevoli danni.


1534 - dopo un esame delle condizioni della reliquia, le suore Clarisse cucirono i rattoppi e la tela d’Olanda come fodera di sostegno.


1535 - Per motivi bellici il Lenzuolo è trasferito a Torino e successivamente a Vercelli, Milano, Nizza e di nuovo Vercelli; qui rimane fino al 1561, quando viene riportato a Chambéry


1578 - Il 14 settembre Emanuele Filiberto di Savoia trasferisce la Sindone a Torino per abbreviare il viaggio di S. Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, che vuole andare a venerarla per sciogliere un voto. S. Carlo venererà la Sindone il 12 ottobre.
A Torino, da allora, le ostensioni si susseguono per speciali celebrazioni della famiglia Savoia o per i Giubilei.


1694 - Il 1º giugno, avviene la sistemazione definitiva della Sindone nella Cappella dell’architetto Guarino Guarini annessa al Duomo di Torino.


1706 - In giugno la Sindone viene trasferita a Genova a causa dell’assedio di Torino, al termine del quale, in ottobre, viene riportata nel capoluogo piemontese


1898 - Prima fotografia, eseguita dall'avv. Secondo Pia fra il 25 e il 28 maggio. Dall'emozionante scoperta del negativo fotografico, che rivela con incredibile precisione le sembianze dell'Uomo della Sindone, iniziano studi e ricerche, soprattutto medico-legali.


1931 - Durante l'ostensione per il matrimonio di Umberto di Savoia, la Sindone viene fotografata di nuovo da Giuseppe Enrie, fotografo professionista.


1933 - Ostensione per commemorare il XIX Centenario della Redenzione.


1939/1946 - Durante la Seconda Guerra Mondiale la Sindone viene nascosta nel Santuario di Montevergine (Avellino) dal 25 settembre 1939 al 28 ottobre 1946.


1969 - Dal 16 al 18 giugno avviene una ricognizione della reliquia da parte di una commissione di studio nominata dal cardinale Michele Pellegrino. Prima fotografia a colori, eseguita da Giovanni Battista Judica Cordiglia


1973 - Prima ostensione televisiva in diretta (23 novembre). Nuova ricognizione della reliquia. Prelievi di Max Frei e Gilbert Raes


1978 - Celebrazione del IV Centenario del trasferimento della Sindone da Chambéry a Torino, con un Congresso Internazionale di studio e un’ostensione pubblica dal 26 agosto all'8 ottobre 1978. Arrivarono quattro milioni di pellegrini. Al termine, dall’8 al 14 ottobre numerosi scienziati, prevalentemente statunitensi appartenenti allo STURP (Shroud of Turin Research Project), effettuano misure ed analisi sulla reliquia per 120 ore consecutive al fine di compiere un'indagine scientifica multidisciplinare


1980 - Durante la visita a Torino il 13 aprile 1980, papa Giovanni Paolo II ha modo di venerare la Sindone nel corso di un’ostensione privata.


1982 - A Fatima (Portogallo) il 14 maggio 1982 Giovanni Paolo II incontra Umberto II di Savoia.


1983 - Il 18 marzo 1983 Umberto II muore; per sua disposizione la Sindone è donata al Papa.


1988 - Il 21 aprile dalla Sindone viene prelevato un campione di tessuto per sottoporlo alla datazione con il metodo del Carbonio 14. In base a questa analisi, la Sindone risalirebbe al medioevo, ad un periodo compreso tra il 1260 ed il 1390 d.C. Le modalità dell'operazione di prelievo e l'attendibilità del metodo per tessuti che hanno subito vicissitudini come quelle della Sindone sono però ritenute insoddisfacenti da un numero rilevante di studiosi. Infatti, l’incendio del 1532 può aver modificato la quantità di carbonio radioattivo presente nella Sindone, alterandone così la datazione. Inoltre lo scienziato statunitense Leoncio Garza Valdés ha verificato la presenza di un complesso biologico composto da funghi e batteri che ricopre i fili sindonici come una patina e che non è eliminabile con i normali sistemi di pulizia. Nella zona del prelievo altri scienziati hanno trovato fibre di cotone che possono essere state usate per un rammendo invisibile. Tutto ciò permette di ricondurre la datazione della Sindone al I sec. d.C.


1992 - Il 7 settembre viene effettuata una ricognizione del Sacro Telo da parte di esperti invitati a suggerire iniziative ed interventi idonei a garantirne la migliore conservazione.


1993 - Il 24 febbraio il reliquiario contenente la Sindone è temporaneamente trasferito dietro l’altare maggiore del Duomo di Torino per consentire i lavori di restauro della cappella guariniana. Il reliquiario viene posto in una teca di cristallo con le pareti spesse 39 mm.
1995 - Il 5 settembre il cardinale Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino e custode della Sindone, annuncia le due prossime ostensioni, stabilite dal 18 aprile al 14 giugno 1998 (per celebrare il centenario della prima fotografia) e dal 29 aprile all’11 giugno del 2000 (in occasione del Grande Giubileo della Redenzione). Durante l’ostensione del 1998 si svolgeranno a Torino dal 5 al 7 giugno i lavori del III Congresso Internazionale di Studi Sindonici, organizzato dal Centro Internazionale di Sindonologia di Torino. Successivamente il 29 maggio 1998 sono state variate le date relative all'ostensione del 2000 che avrà luogo dal 26 agosto al 22 ottobre.


1997 - Nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997 un incendio provoca gravissimi danni alla Cappella della Sindone.
Fortunatamente, per consentire i lavori di restauro della cappella del Guarini, dal 24 febbraio 1993 il reliquiario contenente la Sindone era stato trasferito dietro l’altare maggiore del Duomo di Torino e collocato in una teca di cristallo con le pareti spesse 39 mm.
Questo fatto ha permesso ai Vigili del Fuoco di avvicinarsi alla teca di cristallo per romperla e salvare la Sindone.


1998 - Dal 18 aprile al 14 giugno si è tenuta un'ostensione pubblica per celebrare il centenario della prima fotografia scattata dall'avv. Secondo Pia tra il 25 e il 28 maggio 1898. Il 1998 si colloca inoltre a 1600 anni dal Concilio provinciale dei Vescovi della Gallia ospitato a Torino da san Massimo, a 400 anni dall'istituzione della Confraternita del Santissimo Sudario ed a 20 anni dall'ultima ostensione. Una teca basculante è stata realizzata sia per l'esposizione che per la normale conservazione del prezioso lino, che viene tenuto disteso dietro un vetro antiproiettile a tenuta stagna, in assenza di aria e in presenza di un gas inerte. Il lenzuolo è protetto dalla luce e mantenuto in condizioni climatiche costanti attraverso vari sistemi di monitoraggio. Il Santo Padre Giovanni Paolo II si è recato a Torino il 24 maggio ed ha sostato in preghiera davanti alla preziosa Reliquia. Dal 5 al 7 giugno ha avuto luogo a Torino il III Congresso Internazionale di Studi sulla Sindone dal titolo "Sindone e Scienza: Bilanci e programmi alle soglie del terzo millennio".





"La Sindone è provocazione all´intelligenza. Essa richiede innanzitutto l'impegno di ogni uomo, in particolare del ricercatore, per cogliere con umiltà il messaggio profondo inviato alla sua ragione ed alla sua vita. Il fascino misterioso esercitato dalla Sindone spinge a formulare domande sul rapporto tra il sacro Lino e la vicenda storica di Gesù"

Papa Giovanni Paolo II, discorso del 1998 davanti alla Sindone a Torino






1999 - Nella serata di venerdi 22 gennaio c'e' stata una ricognizione della Sindone alla presenza del Custode Pontificio, card. Giovanni Saldarini, e dei membri della Commissione Diocesana per la conservazione. La ricognizione ha fornito risultati ampiamente positivi: la sistemazione nella nuova teca con gas inerte garantisce le necessarie sicurezze esterne e le condizioni ottimali di preservazione della Sindone. Mons. Severino Poletto, 66 anni, dal 19 giugno è il nuovo Arcivescovo di Torino. Lo ha nominato Giovanni Paolo II dopo aver accettato le dimissioni presentate in anticipo dal Cardinale Giovanni Saldarini per problemi di salute.
L'insediamento è avvenuto il 5 settembre 1999 nel Duomo di Torino


2000 - Dal 12 agosto al 22 ottobre 2000 si è tenuta un’ostensione pubblica in occasione del Grande Giubileo. Dopo l’ostensione è stata realizzata una nuova teca per la normale conservazione del prezioso Lino, che ora viene tenuto disteso in presenza di un gas inerte a temperatura e umidità controllata.
La teca è stata collocata nel Duomo di Torino sotto il Palco Reale.
Sul drappo che copre la teca c’è scritto:
“Tuam Sindonem veneramur, Domine, et Tuam recolimus Passionem”,
“Veneriamo la Tua Sindone, o Signore, e meditiamo sulla Tua Passione”.


2002 - Fra il 20 giugno e il 23 luglio la Sindone è stata sottoposta ad un notevole intervento che ha comportato la rimozione del restauro operato dalle suore Clarisse di Chambéry nel 1534. Tutti i rappezzi sono stati asportati e tutti i bordi carbonizzati dei fori sono stati raschiati via. I fori sono quindi divenuti più grandi e sono stati lasciati scoperti. Sul retro della Sindone è stata cucita, con aghi ricurvi e filo di seta, una nuova tela che risale a una cinquantina d’anni fa.
Inoltre è stata effettuata la scansione digitale completa sia sulla superficie dove è visibile l’immagine dell’Uomo della Sindone, sia sul retro che è tornato poi ad essere nascosto dalla nuova fodera. Infine è stata realizzata una documentazione fotografica completa e sono stati operati alcuni prelievi di materiale.
Le motivazioni addotte dalla commissione che ha operato (non è stato reso noto però un elenco dei membri) riguardano la riduzione del problema delle pieghe esistenti sul telo, la tensione irregolare e incontrollata provocata dai punti di cucitura e la limitazione dei danni dovuti alla presenza di residui carboniosi. Inoltre le condizioni di pulizia della fodera erano ritenute assai preoccupanti e sotto le toppe si erano accumulati per quasi cinque secoli polvere e detriti, oltre ai frammenti di tessuto carbonizzato. L’intervento ha suscitato notevoli perplessità fra molti studiosi della Sindone: infatti non appariva necessario e urgente un intervento così drastico.
Probabilmente sono anche andate perdute diverse possibili informazioni sull’oggetto.


2005 - La sera di sabato 2 aprile, alla vigilia della festa della Divina Misericordia, il Signore ha chiamato a sé il Santo Padre Giovanni Paolo II. Con lui nel 1983 la Sindone, donata da Umberto II di Savoia, è tornata al successore di San Pietro, l'apostolo che per primo la vide vuota, nel Santo Sepolcro.
Martedì 19 aprile è stato eletto Papa il Card. Joseph Ratzinger che ha scelto di chiamarsi Benedetto XVI. Il nuovo Pontefice ha sempre manifestato la sua attenzione per la Sacra Sindone, che ha nominato anche il 25 marzo durante la Via Crucis del Venerdì Santo.


2006 - La sera di giovedì 4 maggio la S. Messa nel Duomo di Torino è stata particolarmente solenne perché si celebravano i 500 anni dalla concessione della liturgia della Sindone da parte di Papa Giulio II. L’evento è stato commemorato anche nei due giorni successivi con un simposio.


2008 - Il 22 gennaio la società novarese HAL9000 ha eseguito a Torino la ripresa fotografica ad altissima definizione della Sindone. La realizzazione di questo straordinario documento fotografico è stata possibile in occasione del trasferimento temporaneo della Sindone nella sacrestia nuova del Duomo per effettuare una revisione generale dei sistemi di controllo e sicurezza della cappella e della teca che custodisce il Telo. Le acquisizioni digitali sono state condotte mediante l’utilizzo di apparati optoelettronici e meccanici appositamente realizzati e progettati, con protezioni ridondanti per operare in assoluta sicurezza alla distanza di 30 cm dal Telo.
La prima fase di elaborazione ha permesso la creazione di una dettagliata riproduzione in scala reale e di una gigantografia di 12 metri di lunghezza che sono state esposte rispettivamente nel Duomo di Novara e nella piazza antistante quale simbolo del progetto culturale Passio 2008.
Il 2 giugno papa Benedetto XVI ha annunciato una nuova ostensione della Sindone per la primavera del 2010 ed ha affermato: “Sarà un'occasione quanto mai propizia per contemplare quel misterioso Volto, che silenziosamente parla al cuore degli uomini, invitandoli a riconoscervi il volto di Dio”.


2010 - Dal 10 aprile al 23 maggio 2010 si è tenuta una solenne ostensione. Il Santo Padre Benedetto XVI si è recato a Torino il 2 maggio ed ha sostato in preghiera davanti alla reliquia.
La Passione di Cristo inizia nel giardino del Gethsemani, dove Gesù ha una profonda sofferenza, si prostra a terra e suda sangue. In quel momento è verosimile che abbia avuto un’ischemia cardiaca (Luca 22,44).

L’Uomo della Sindone è stato flagellato abbondantemente su tutto il corpo: 120 colpi prodotti da un flagrum romano. Se ne deduce che, inizialmente, questa flagellazione è stata ordinata come una severa punizione a parte.
Si supponeva che essa dovesse essere seguita dalla liberazione; invece l’uomo fu crocifisso.
Questo fatto ci ricorda il ripensamento di Pilato.
Il condannato era in posizione curva fra due flagellatori.

Non era un cittadino romano, altrimenti non sarebbe stato flagellato con un flagrum (Giovanni 19,1; Isaia 50,6; Salmo 129,3).

La flagellazione fu molto più abbondante di quella riservata ai condannati alla crocifissione. Essa, comunque, denota un particolare accanimento da parte dei carnefici.
Lo strumento utilizzato per la flagellazione era un flagrum romano che aveva tre corde, ciascuna con due piccoli pezzi d’osso acuminati. Ogni colpo ha provocato sei ferite. Qui possiamo vedere la zona dei polpacci. Ogni colpo mostra un rivolo di sangue che scende verso il basso.
120 colpi di uno strumento con sei pezzetti d’osso corrispondono a 720 ferite.

Questa è la ricostruzione della schiena insanguinata dell'Uomo della Sindone.

Possiamo inoltre vedere le ferite dovute al successivo trasporto del patibulum, il palo orizzontale della croce. I capelli sono intrisi di sangue a causa della corona di spine.
Sulla Sindone sono evidenti le tracce di sangue della corona di spine.
Spine grandi che crescono nelle zone aride.
Fra la fronte ed il resto della testa c’è una zona senza segni a causa di una piega della Sindone. Però c’è tutta la calotta cranica insanguinata.
I rivoli di sangue che bagnano tutto il capo e la fronte dell'Uomo della Sindone, con la diversa morfologia del sangue venoso e di quello arterioso, sono chiari segni di una coronazione di spine, fatto singolare e al di fuori della normale procedura.

La corona era un intreccio di spine, come un casco, che ha causato circa 50 ferite (Giovanni 19,2).

L'immagine del volto presenta un aspetto sereno nonostante i numerosi traumi: la fronte e gli zigomi gonfi, la cartilagine nasale rotta da un colpo di bastone che ha gonfiato la guancia destra, i baffi e la barba intrisi di sangue (Marco 15,19; Isaia 50,6).

Dopo l’Hecce Homo, Gesù è stato condannato alla croce.
Riconosciuta la colpevolezza della vittima, il giudice faceva eseguire la sentenza pronunciando una formula equivalente a “sia messo in croce!”
Egli poi dettava il titulus, cioè la motivazione della condanna, e indicava le modalità di esecuzione. Il cruciario veniva rivestito e preparato per essere condotto al luogo del supplizio.
Delle crocifissioni erano incaricati i carnefici, mentre nelle province se ne occupavano i soldati.
Oltre alle tracce della flagellazione, la schiena ha i segni del patibulum.
Ogni condannato portava il patibulum sulle sue spalle.
I condannati camminavano legati insieme, mani e piedi, in modo da non poter fuggire.
Il cartello chiamato titulus, appeso al collo del condannato o portato da un banditore, aveva la funzione di informare i passanti sulle generalità del cruciario, sul delitto, sulla sentenza.

Lungo il cammino, il condannato veniva oltraggiato e maltrattato (Giovanni 19,17).

Gesù cadeva facilmente e non poteva attutire la caduta con le mani perché erano legate alla trave; così ogni volta che cadeva il suo volto batteva a terra. Evidenti sulla Sindone sono la ferita al ginocchio sinistro, il segno di un colpo di bastone sulla guancia destra, la tumefazione ed escoriazione del naso, i gonfiori sul viso.

Sulla Sindone sono state trovate tracce di terriccio al naso, alle ginocchia ed ai talloni.

Un uomo di Cirene aiutò Gesù (Matteo 27,32).

L'Uomo della Sindone subì ferite imputabili ad una crocifissione romana del I secolo d.C.
Il crocifisso è stato inchiodato al patibulum mentre giaceva a terra, poi è stato sollevato ed il patibulum è stato incastrato al palo verticale per formare l’intera croce (Luca 23,33; Salmo 22,17-18).
I chiodi per la crocifissione sono stati messi nel polso, non nella palma della mano, perché dovevano sostenere il peso del corpo, senza il poggiapiedi che alcune rappresentazioni artistiche mostrano. Durante il I secolo il metodo di crocifissione fu modificato per essere applicato nei circhi. I piedi erano posti su uno sgabello ed invece dei chiodi si usavano le corde.
Il poggiapiedi è stato introdotto nelle crocifissioni nella seconda metà del primo secolo, perciò questa è un crocifissione romana eseguita prima del 50 d.C.
Nei polsi, i chiodi sono penetrati nello spazio di Destot, fra gli otto ossicini del carpo.
In alcune fotografiea all’ultravioletto c'è l'assenza dei pollici, che sono ripiegati nella palma della mano. Inoltre si nota che la parte dorsale della mano e le nocche delle dita sono escoriate per lo strofinio contro la croce ruvida.

Successivamente sono stati inchiodati i piedi insieme, il sinistro sopra il destro, direttamente contro la croce, senza un suppedaneo.
Nella rigidità della morte sono rimasti nella stessa posizione, con le punte convergenti: ciò, oltre al sangue post-mortale uscito dal costato, dimostra una vera morte, non uno stato comatoso come alcuni dichiarano.
Quando è stato sepolto, l'Uomo della Sindone era certamente morto.
I romani volevano, con la crocifissione, provocare una morte lenta, dolorosa, terrificante per chi vi assisteva.
Per questo adottavano una serie di accorgimenti ritardanti la morte che permettevano al cruciario di vivere in croce fino a circa due giorni: per esempio, un sedile o un corno, posto nel centro del palo verticale, dava la possibilità al condannato di “riposarsi”.
Raramente la morte veniva accelerata; se ciò capitava era per motivi di ordine pubblico o per usanze locali.
Si conoscono due metodi: il colpo di lancia al cuore e il crurifragium, cioè la rottura delle gambe.
Questo è il crocifisso ricostruito dalla Sindone (Isaia 1,5-6; Salmo 22,15; Salmo 69,21; Matteo 27,50).
È inconsueta la trafittura al fianco prodotta dopo la morte del condannato, anziché prima per provocarla: questo fatto può interpretarsi come una prova di morte avvenuta.
La lancia, che ha colpito fra la quinta e la sesta costola, ha provocato l'immediata fuoruscita di sangue e siero. Giovanni dice: "e subito ne uscì sangue e acqua" (Giovanni 19,34).
È sorprendente, per una ferita inflitta ad un cadavere, l'aspetto di getto e non di colata.
Un’emissione così abbondante di sangue e siero in un cadavere è possibile soltanto con una morte causata dalla rottura del cuore (Giovanni 19, 33-35).
Dalla ferita non viene fuori una semplice colata, ma un getto sotto pressione.
Molti medici ritengono che l'Uomo della Sindone sia morto per emopericardio, considerando pure che, nella grande maggioranza dei casi, l'emopericardio è il momento terminale di un infarto miocardico.
Ciò è dovuto a meccanismi biochimici che provocano spasmi più o meno prolungati in rami coronarici, sotto la spinta di violenti stress psico-fisici.
La migliore spiegazione per l'abbondante fuoruscita di sangue raggrumato e siero dalla ferita del costato si accorda dunque con l'ipotesi di un emopericardio post-infartuale come causa della morte dell'Uomo della Sindone.
Quando c’è la rottura del cuore, il sangue fuoriesce fra i due foglietti del pericardio, che si riempie di sangue dilatandosi. Se il corpo rimane in posizione verticale, la parte pesante del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, ecc.) si deposita in basso ed il siero rimane sopra. Il colpo di lancia provoca la fuoriuscita della parte densa, seguita dal siero.
Di nuovo pensiamo a Giovanni ed alle profezie (1 Giovanni 5,6; Zaccaria 12,10; Zaccaria 13,1; Ezechiele 47,1).
Mosè Maimonide (XII secolo) nella sua opera Ricapitolazione della Legge dà un'ampia documentazione sugli usi funerari della sua gente.
Per la sepoltura, il cadavere era lavato e unto con diverse specie di aromi; capelli e peli in genere dovevano essere tagliati, quindi la salma era avvolta in una tela bianca cucita con filo di lino. Secondo il Codice di Legge Ebraica Kizzur Schulchan Aruch del XVI secolo, redatto da Rabbi Salomone Ganzfried, chi moriva di morte violenta non veniva però lavato prima di essere sepolto nei teli di lino bianchi.
Deposto dalla croce, il corpo del crocifisso è avvolto nella Sindone ed è stretto esternamente con una fasciatura.
Un’antica tomba ebraica (Isaia 53,9; Apocalisse 19,13; Salmo 16,9-10).
Il lenzuolo funerario stesso mostra chiaramente la consegna quasi immediata del cadavere per la sepoltura; l'assenza di qualsiasi segno di decomposizione conferma il fatto che il contatto del corpo con il telo durò solo per un breve periodo di tempo.
La presenza del sangue prova il mancato lavaggio del cadavere, giustificabile solo nel caso di una sepoltura nel contesto culturale giudaico, prima della distruzione di Gerusalemme (70 d.C.).
Così il corpo rimase nella tomba per circa 36 ore, il tempo necessario affinché il sangue coagulato si sciogliesse per il contatto con il panno imbevuto di aloe e la mirra. Ma questo contatto si è concluso, senza traccia di spostamento, prima che cominciasse la decomposizione del corpo (Marco 15,42-46; Giovanni 19,39-40).
Pietro e Giovanni corsero alla tomba (Giovanni 20,3-4).
Essi trovarono la Sindone afflosciata e svuotata. Giovanni dice che "vide e credette" (Giovanni 20,5-8).
Per i seguaci di S. Tommaso la Sindone è un testimone. Nel buio della tomba si è impressa su questo panno un'immagine indelebile di sofferenza e di amore. Una luce di resurrezione (Giovanni 20,26-29).

“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,20).









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- Non potete alterare o trasformare quest'opera, nè usarla per crearne un'altra.




PREGHIERA DAVANTI ALLA SINDONE




Imprimi il tuo Volto in me, Signore,
perché il Padre vedendo Te in me ripeta: "Tu sei il figlio che amo",
e perché chiunque mi incontra veda una scintilla del Padre.


Imprimi il tuo Volto in me, Signore,
perché possa essere testimone della tua luce e della tua bontà,
e dell'infinita tenerezza che hai per ogni creatura.


Imprimi il tuo Volto in me, Signore,
perché io possa essere un segno del tuo amore per i piccoli e i poveri,
per gli ammalati e gli esclusi.


Imprimi il tuo Volto in me, Signore, perché sia una Sindone vivente
che porta in sé i segni della tua morte e Resurrezione.


Amen.






Si ringrazia,
il dott. Federico Iadicicco, Consigliere PdL della Provincia di Roma;
la prof.ssa Emanuela Marinelli, Sindonologa di fama internazionale;
il sig. Lorenzo Belli, LabCom (Laboratorio di Comunità).




APPROFONDIMENTI:

La Venerazione della Sindone (Discorso di Papa Giovanni Paolo II, 1998, Torino)













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"[...] Non abbiate paura!
APRITE, anzi, SPALANCATE le PORTE A CRISTO!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa "cosa è dentro l’uomo". Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. [...]"


Papa Giovanni Paolo II
(estratto dell'omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978)



 
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