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Passione di
Nostro Signore Gesù Cristo
secondo Matteo







Con PASSIONE di Gesù si intendono la SOFFERENZA e l'AGONIA di Gesù Cristo che hanno portato alla sua crocifissione.
Insieme all'incarnazione e alla successiva risurrezione, forma uno dei due misteri centrali del Cristianesimo.


Le "narrazioni della Passione", in latino Passio, hanno origine dai Vangeli.
L'uso sottende la radice etimologica, dal verbo latino patior, "soffrire".
In seguito il termine si è esteso per indicare il racconto del supplizio subito dai martiri.















Come già argomentato, la Quaresima è un periodo liturgico che dura 40 giorni, inizia con il mercoledì delle ceneri e termina il giovedì della settimana santa, dove farà spazio al Triduo Pasquale.


Nell'ultima partizione della Quaresima, ossia il periodo liturgico della Passione, gli avvenimenti vengono celebrati nella cosiddetta "Settimana Santa" (la settimana che precede la Pasqua) che si conclude contestualmente alla conclusione del sabato santo, ossia nell'ambito del Triduo.


La Settimana Santa è la settimana nella quale il Cristianesimo celebra gli eventi di fede correlati agli ultimi giorni di Gesù comprendenti in particolare la sua passione, morte e resurrezione ed ha il suo inizio nel tempo liturgico della quaresima, dalla Domenica delle Palme e la sua fine nel tempo liturgico del triduo, il Sabato santo che precede la Pasqua.


Il Triduo, quindi, si trova collocato tra la Quaresima e il Tempo pasquale e sono tre tempi liturgici distinti, per cui il Triduo pasquale non fa parte né della Quaresima né del Tempo pasquale.


La domenica di Pasqua è l'unico giorno liturgico che fa parte quasi contestualmente di due tempi liturgici: in parte del triduo, e per intero del tempo pasquale.





" Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede "

Col 2,7












SETTIMANA SANTA:





-- Domenica delle Palme

In questo giorno la Chiesa ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (cfr. Gv 12,12-15). La folla, radunata dalle voci dell'arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente gli rendevano onore.
Dal 1985, nella Domenica delle Palme si è celebrata anche la "Giornata Mondiale della Gioventù", un incontro internazionale di spiritualità e cultura rivolto ai giovani promosso dalla Chiesa cattolica, su iniziativa del Papa
La GMG è svolta in questa particolare domenica solo a livello diocesano, negli anni in cui non si svolge la GMG internazionale.






-- Lunedì, Martedì e Mercoledì Santo

la Chiesa contempla in particolare il tradimento di Giuda per trenta denari.
La prima lettura della Messa presenta i primi tre canti del Servo del Signore che si trovano nel libro del profeta Isaia (42,1-9; 49,1-6; 50,4-11).






Composizione del TRIDUO:





Allo stato delle norme liturgiche, il Triduo ha una durata temporale equivalente a tre giorni ma esso non corrisponde esattamente a tre giorni poiché si dispiega in quattro giorni solennissimi, ossia:






-- Giovedì Santo

Il solenne triduo pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo inizia nel pomeriggio del giovedì santo.
In ora serale si celebra la Messa in Cena Domini, nella quale si ricorda l'Ultima Cena di Gesù, l'istituzione dell'Eucarestia e del sacerdozio ministeriale, e si ripete il gesto simbolico della lavanda dei piedi effettuato da Cristo nell'Ultima Cena.
Alla fine della messa gli altari restano senza ornamenti, le croci velate e le campane silenti.
La croce verrà scoperta il giorno dopo, il Venerdì Santo durante la parte delle speciale cerimonia che (in quel giorno e solo in quel giorno) sostituisce l'adorazione della croce alla liturgia eucaristica.






-- Venerdì Santo (venerdì della Passione del Signore)

E' il giorno della morte di Gesù sulla Croce.
La chiesa celebra verso le tre del pomeriggio la solenne celebrazione della Passione, divisa in tre parti:

1. La Liturgia della parola, con la lettura del quarto canto del servo del Signore di Isaia (52,13-53,12), dell'Inno cristologico della lettera ai Filippesi (2,6-11) e della passione secondo Giovanni.

2. L'adorazione della croce.

3. La santa comunione con i presantificati.

Il Venerdì Santo è tradizione effettuare, in molti posti per le strade, il pio esercizio della Via Crucis. La chiesa cattolica pratica il digiuno ecclesiastico e si astiene dalle carni come forma di partecipazione alla passione e morte del suo Signore.


I VIDEO:

VIA CRUCIS - Eloì, Eloì, lemà sabactàni?

Stabat Mater «E anche a te una spada trafiggerà l'anima». (Lc 2, 35)

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23, 46)


Nello stesso giorno si celebra la Giornata per i Luoghi Santi conosciuta anche con la denominazione di Giornata mondiale per la Terra Santa.






-- Sabato Santo

Il Sabato Santo è tradizionalmente giorno in cui non si celebra l'Eucaristia, e la comunione ai malati si porta solamente ai malati in punto di morte.
Viene invece celebrata la Liturgia delle Ore; caso unico nell'anno liturgico, i Vespri di questo sabato non sono considerati Primi Vespri della domenica di Resurrezione.

Nella notte si celebra la solenne Veglia pasquale, che, nella chiesa cattolica, è la celebrazione più importante di tutto l'Anno Liturgico.
In essa:

Si celebra la Resurrezione di Cristo attraverso la liturgia del fuoco: al fuoco nuovo si accende il cero pasquale, che viene portato processionalmente in chiesa; durante la processione si proclama La luce di Cristo, e si accendono le candele dei fedeli.
All'arrivo al presbiterio il cero è incensato e si proclama l'Annuncio Pasquale.

La liturgia della Parola ripercorre con sette letture dell'Antico Testamento gli eventi principali della storia della salvezza, dalla creazione del mondo attraverso la liberazione del popolo d'Israele dalla schiavitù d'Egitto, alla promessa della nuova alleanza. Dopo il canto solenne del Gloria (che non era mai stato recitato durante la Quaresima), l'Epistola proclama la vita nuova in Cristo risorto, e nel Vangelo si legge il racconto dell'apparizione degli angeli alle donne la mattina di Pasqua.

Segue la liturgia battesimale, nella quale tutti i fedeli rinnovano le promesse del proprio battesimo, e vengono battezzati, se ce ne sono, i catecumeni che si sono preparati al sacramento.

La liturgia eucaristica si svolge come in tutte le messe.




Nella Veglia di Pasqua del 2015, Papa Francesco si è rivolto ai fedeli con le seguenti parole:

- «Notte di veglia è questa notte.
Non dorme il Signore, veglia il Custode del suo popolo (cfr Sal 121,4), per farlo uscire dalla schiavitù e aprirgli la strada della libertà. Il Signore veglia e con la potenza del suo amore fa passare il popolo attraverso il Mar Rosso; e fa passare Gesù attraverso l’abisso della morte e degli inferi.

Notte di veglia fu questa per i discepoli e le discepole di Gesù. Notte di dolore e di paura. Gli uomini rimasero chiusi nel cenacolo. Le donne, invece, all’alba del giorno dopo il sabato, andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Il loro cuore era pieno di commozione e si domandavano: “Come faremo ad entrare?, chi ci rotolerà la pietra del sepolcro?...”.
Ma ecco il primo segno dell’Evento: la grande pietra era già stata ribaltata e la tomba era aperta!

«Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca...» (Mc 16,5).
Le donne furono le prime a vedere questo grande segno: la tomba vuota; e furono le prime ad entrarvi... “Entrate nel sepolcro”. Ci fa bene, in questa notte di veglia, fermarci a riflettere sull’esperienza delle discepole di Gesù, che interpella anche noi. Per questo, in effetti, siamo qui: per entrare, entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore.
Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere...
E’ di più, è molto di più!

“Entrare nel mistero” significa capacità di stupore, di contemplazione; capacità di ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla (cfr 1 Re 19,12).
Entrare nel mistero ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in sé stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi...
Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione.

Ma per entrare nel mistero ci vuole umiltà, l’umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedestallo del nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l’umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono.
Per entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie idolatrie… adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero.

Tutto questo ci insegnano le donne discepole di Gesù. Esse vegliarono, quella notte, insieme con la Madre.
E lei, la Vergine Madre, le aiutò a non perdere la fede e la speranza. Così non rimasero prigioniere della paura e del dolore, ma alle prime luci dell’alba uscirono, portando in mano i loro unguenti e con il cuore unto d’amore.
Uscirono e trovarono il sepolcro aperto. Ed entrarono. Vegliarono, uscirono ed entrarono nel Mistero. Impariamo da loro a vegliare con Dio e con Maria, nostra Madre, per entrare nel Mistero che ci fa passare dalla morte alla vita. -





-- Domenica di Pasqua

La domenica di Resurrezione torna a riecheggiare la gioia della veglia pasquale.


Dal punto di vista teologico, la Pasqua odierna racchiude in sè tutto il mistero cristiano: con la Passione, Cristo si è immolato per l'uomo, liberandolo dal peccato originale e riscattando la sua natura ormai corrotta, permettendogli quindi di passare dai vizi alla virtù; con la risurrezione ha vinto sul mondo e sulla morte, mostrando all'uomo il proprio destino, cioè la risurrezione nel Giorno Finale, ma anche il risveglio alla vera vita; infine, vi è l'attesa della Parusia, il ritorno sulla terra di Gesù alla fine dei tempi, che porterà a compimento le Scritture


Tale domenica è ampliata nell'Ottava di Pasqua: la Chiesa celebra la pienezza di questo evento fondamentale per la durata di otto giorni, concludendo la II domenica di Pasqua, chiamata fin dall'antichità domenica "in albis", che Giovanni Paolo II ha voluto dedicare al ricordo della divina Misericordia.





-- Lunedì dell'Angelo

Il Vangelo racconta che Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e Salome andarono al sepolcro, dove Gesù era stato sepolto, con degli oli aromatici per imbalsamare il corpo di Gesù.

Vi trovarono il grande masso che chiudeva l'accesso alla tomba spostato;
le tre donne erano smarrite e preoccupate e cercavano di capire cosa fosse successo, quando apparve loro un angelo che disse:
"Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso.
Non è qui! È risorto come aveva detto;
venite a vedere il luogo dove era deposto" (Mt 28,5-6).

E aggiunse:
"Ora andate ad annunciare questa notizia agli Apostoli", ed esse si precipitarono a raccontare l'accaduto agli altri.

La tradizione ha spostato questi fatti dalla mattina di Pasqua al giorno successivo (lunedì), forse perché i Vangeli indicano "il giorno dopo la Pasqua", anche se evidentemente quella a cui si allude è la Pasqua ebraica, che cadeva di sabato.

Il lunedì dell'Angelo è giorno dell'ottava di Pasqua, ma non è giorno di precetto per i cattolici.
Si ricorda che nella Chiesa cattolica, una festa di precetto è un giorno in cui, come recita il Codice di diritto canonico, can. 1247:
"i fedeli sono tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa; si astengano inoltre, da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo."







Di questi quattro giorni (Gioveì, Venerdì, Sabato, Domenica), in realtà, solo il venerdì ed il sabato santi fanno parte interamente del triduo in quanto il giovedì santo e la domenica di Pasqua non ne fanno parte interamente: precisamente, il Triduo ha inizio con la Celebrazione vespertina del giovedì Santo e si conclude con la celebrazione vespertina della domenica di Pasqua comprese. (cfr. le Norme Generali per l'ordinamento dell'Anno liturgico e del Calendario, Roma, 1969, n. 19)


Da ciò si evince che la durata temporale effettiva del triduo corrisponde all'incirca a 72 ore, ossia l'equivalente orario di tre giorni: nonostante si dispieghi in quattro giorni, questo tempo liturgico continua ad essere chiamato correttamente con un nome che fa riferimento alla sua durata, ossia tre giorni.

La ragione per cui questo tempo liturgico venne chiamato Triduo risiede, però, nel diverso computo del giorno come effettuato dai cristiani dei primi secoli in continuazione della tradizione biblica per la quale il giorno veniva computato non dalla mezzanotte alla mezzanotte successiva ma dal calar del sole al successivo calar del sole, ossia dal momento vespertino al successivo momento vespertino: in quest'ottica il triduo corrispondeva esattamente a tre giorni anche se la durata dello stesso era identica sia complessiavamente sia nei termini di inizio e fine con quella del triduo attuale per cui, essendo stata la durata del triduo sempre la stessa, è cambiato solo il modo di computare l'inizio e la fine del giorno, e tale cambio di computo ha fatto si che il triduo un tempo corrispondesse a tre giorni mentre ora si dispiega in quattro giorni.


Nonostante la chiara distinzione liturgica, i tre tempi sono tematicamente congiunti poiché la Quaresima è la preparazione al Triduo, ed il Tempo pasquale è l'esplicazione dei misteri celebrati nel Triduo.





" Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? "

Mc 10,17







Cronologia essenziale della PASSIONE di Gesù





Secondo la tradizione cristiana, fondata soprattutto sui tre vangeli sinottici (Marco, Matteo e Luca), la Passione di Gesù si svolse secondo le seguenti tappe:



-- la sera del GIOVEDI',
Gesù celebra la Pasqua ebraica con i suoi discepoli (l'ultima cena).
Nell'Ultima cena, secondo l'interpretazione cattolica del racconto dei vangeli, Gesù distribuì ai suoi discepoli il pane ed il vino come suo corpo e suo sangue, offerti come sacrificio per la salvezza degli uomini, incaricandoli di fare lo stesso in sua "memoria".

Il presunto luogo di questa celebrazione (il Cenacolo) si trova sul monte Sion: oggi è poco al di fuori della città vecchia, ma al tempo di Gesù le mura seguivano un percorso diverso, più a Sud, ed esso si trovava al loro interno.




-- Terminata la cena, Gesù scende con i discepoli nella valle del torrente Cedron, appena fuori Gerusalemme, nel giardino del Getsemani, dove si ritira in preghiera.

Nel frattempo Giuda Iscariota va ad avvisare i sacerdoti e li conduce al Getsemani, dove Gesù viene arrestato. È ormai notte, infatti i soldati portano "torce e bastoni". Una parte del giardino esiste tuttora, e contiene anche alcuni ulivi che, secondo i botanici, hanno più di 2000 anni e quindi esistevano già al tempo di Gesù.




- -Gesù viene condotto al palazzo del sommo sacerdote Caifa, dove viene processato dal Sinedrio. Giovanni riferisce anche di un primo interrogatorio in casa del suo predecessore Anna.

I resti del palazzo di Caifa sono stati trovati sul luogo dell'attuale chiesa di San Pietro in Gallicantu, che ricorda il tradimento di Pietro apostolo: anche questo luogo si trova oggi fuori dalle mura, ma allora era all'interno. Vi si accedeva dalla valle del Cedron risalendo per una scala di cui un tratto si è conservato fino ad oggi.




-- Il processo si svolge durante la notte e termina al canto del gallo, quando l'alba è ormai vicina.

Alcuni contestano l'attendibilità del resoconto dei Vangeli con l'argomento che il Sinedrio, normalmente, non si riuniva di notte. A questa obiezione si può rispondere che i sacerdoti temevano che, processando pubblicamente Gesù, la folla si sollevasse per liberarlo; per questo lo processarono in segreto e con la massima fretta.




-- La mattina del VENERDI', appena si fa giorno, i sacerdoti conducono Gesù da Ponzio Pilato, che risiede nella Fortezza Antonia, all'angolo nord-occidentale della spianata del Tempio.

Durante la mattina, secondo Luca, Pilato invia Gesù anche da Erode Antipa, il quale dopo averlo interrogato lo rimanda indietro. Secondo Giovanni, il processo presso Pilato si conclude "verso mezzogiorno", ma per i sinottici il processo davanti all'autorità romana fu più breve.




- -Il percorso dal palazzo di Pilato al Golgota, dove oggi sorge la Basilica del Santo Sepolcro, è di alcune centinaia di metri e si può coprire in mezz'ora al massimo; è quindi ancora mezzogiorno, o poco più tardi, quando Gesù viene crocifisso (ancora prima, secondo Marco:
Erano le nove del mattino quando lo crocifissero, Mc 15,25[1]).

Il Golgota, al contrario del Cenacolo e del palazzo di Caifa, allora si trovava fuori città (le esecuzioni e le sepolture erano vietate nei centri abitati), mentre oggi è dentro le mura.




-- Gesù muore alle tre del pomeriggio del venerdì.

Secondo gli storici, la data più probabile è il 7 aprile 30 (altre date possibili sono il 27 aprile 31 e il 3 aprile 33).




-- Giuseppe d'Arimatea si reca da Pilato e gli domanda il corpo di Gesù.
Pilato, stupito che fosse già morto, manda a chiamare il centurione sul Golgota per interrogarlo: in questo modo trascorre probabilmente circa un'ora. Giuseppe, quindi, va a procurarsi il lenzuolo funebre per seppellire Gesù, spendendo altro tempo. Quando infine, insieme a Nicodemo, Giuseppe depone Gesù dalla croce, il tramonto è ormai imminente, e con esso l'inizio del riposo sabbatico: il corpo di Gesù viene quindi deposto in un sepolcro lì vicino, per fare presto.
















Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 26, 14– 27, 66)





In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?».
E quelli gli fissarono trenta monete d'argento.
Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli:
Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli».

I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici.

Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli:
«Sono forse io, Signore?».
Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?».
Gli rispose: «Tu l'hai detto».

Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d'ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio». Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo.
Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea».

Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».

Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l'ora è vicina e il Figlio dell'uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo!
Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo.

Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!».

Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò.

E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio.

Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?».

In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti».

Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.

I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?».
Ma Gesù taceva.
Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l'hai detto - gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo».

Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa' il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».

Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell'uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.
Allora Giuda - colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d'argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi.

I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato Campo di sangue fino al giorno d'oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta monete d'argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d'Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore».


Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.
Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba.
Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.

Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».

Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell'acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa.

Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.

Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».

Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso!

È il re d'Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui.

Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene.
Ha detto infatti: "Sono Figlio di Dio"!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio.
Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c'erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatèa, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù.
Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all'entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c'erano Maria di Màgdala e l'altra Maria.
Il giorno seguente, quello dopo la Parascève, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore, mentre era vivo, disse: "Dopo tre giorni risorgerò". Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo:

"È risorto dai morti".

Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!».

Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie.


LETTURE: Is 50, 4–7; Sal 21; Fil 2, 6–11; Mt 26, 14– 27, 66

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la RISURREZIONE di CRISTO













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"[...] Non abbiate paura!
APRITE, anzi, SPALANCATE le PORTE A CRISTO!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa "cosa è dentro l’uomo". Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. [...]"


Papa Giovanni Paolo II
(estratto dell'omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978)



 
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