1. Concetto di aborto
L’enciclica Evangelium vitae definisce l’aborto volontario come «l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita» 2.
Questo concetto di aborto rappresenta un certo cambiamento rispetto a quello utilizzato per molto tempo dalla manualistica, che intendeva per aborto procurato ogni azione che si proponesse di espellere o di estrarre dall'utero materno un feto vivo ancora non vitale 3.
Gli interventi che causavano la morte dell’embrione o del feto non compresi in questa definizione ricevevano altri nomi, come craniotomia, feticidio, embriotomia, ecc., ed erano ugualmente considerati gravemente illeciti 4.
Seguendo Evangelium vitae, è aborto procurato ogni forma di soppressione intenzionale della vita umana nel periodo che intercorre tra il concepimento e la nascita:
— qualunque sia il luogo in cui l’embrione o il feto si trovi (nella tuba prima del annidamento o nell’utero);
— qualunque sia il tempo trascorso dalla fecondazione;
— qualunque sia il mezzo attraverso il quale si realizzi (procedimenti chirurgici, IUD, intercettivi, pillola RU 486, pillola del giorno dopo, methotrexate, ecc.);
— e qualunque sia la motivazione a cui l’aborto diretto risponde (terapeutica,sociale, criminologica, eugenetica, ecc.).
Evangelium vitae precisa che il concetto di aborto procurato comprende anche ogni forma di intervento o sperimentazione sugli embrioni umani che
ne comporta inevitabilmente l’uccisione, nonché l’abbandono di embrioni formati in vitro, e l’uso di embrioni o feti vivi come fornitori di tessuti o organi da trapiantare 5.
Gli studi storici dimostrano che l’aborto procurato non è un fenomeno esclusivo dei nostri tempi. Tuttavia esso presenta oggi caratteri nuovi rispetto al passato. La prima novità è di ordine quantitativo: il numero annuo di aborti a livello mondiale è molto elevato.
Anche secondo le stime più basse, si può calcolare che ogni anno si registrano qualche decina di milioni di aborti “legali” 6.
Il Book of the Year 1996 de la Encyclopaedia Britannica, che presenta i dati del 1994, forniti da 61 Paesi, per complessivi 3 miliardi e 378 milioni di abitanti (il 60% della popolazione mondiale), parla di più di 23 milioni di aborti.
Tra i dati più impressionanti quello della Russia (339 aborti per 100 nati vivi), della Romania (265 per 100) e dell’Ucraina (159 per 100).
Lo stesso rapporto è in Italia 26/100 e negli USA 35/100 7.
Sono anche nuove anche alcune circostanze che caratterizzano l’aborto
dal punto di vista qualitativo:
— è visto come un diritto che lo Stato deve riconoscere e garantire, e come tale viene legalizzato;
— viene realizzato dagli operatori sanitari, che dovrebbero essere i professionisti della custodia della salute e della promozione della vita;
— e, infine, la grave circostanza che tali attentati avvengono spesso all’interno della famiglia:
Nel 1982 il 71,1% delle donne che hanno abortito in Italia erano coniugate.
Nel 1991 le donne coniugate erano il 62,2%.
A livello mondiale gli aborti “in famiglia” avvengono tra sposi che intendono ritardare l’arrivo del primo figlio o tra sposi che non desiderano averne un terzo.
— nell’ambito della famiglia talvolta sono anche la copertura di indegni abusi.
Questi significativi elementi di novità sono stati resi possibili dalla messa in atto di imponenti strutture di “supporto” culturale ed economico, molte volte di carattere internazionale, comprendenti sofisticate procedure di manipolazione linguistica e simbolica, argomentazioni giuridiche e politiche, ecc., che sono riuscite ad oscurare notevolmente la percezione personale e collettiva del valore della vita umana 8.
2. Le procedure di realizzazione dell’aborto
La tecnica seguita per realizzare l’aborto dipende in buona parte dal tempo che è trascorso dalla fecondazione.
Entro il 14º giorno dalla fecondazione si usano intercettivi che impediscono l’annidamento dell’embrione nell’utero (spirale o IUD, minipillola di solo progesterone, pillola del giorno dopo).
Entro il 30º giorno si ricorre all’uso dei contragestativi, che interferiscono con il progesterone (per esempio la RU 486).
Entro il primo trimestre si usano due tecniche. L’aspirazione endouterina per via vaginale con cannule flessibili: viene allargato l’orifizio esterno del collo uterino, e viene introdotta una cannula, allo scopo di estrarre il nascituro mediante l’aspirazione, prodotta da un apparecchio simile all’aspirapolvere domestico, ma molto più potente.
La morte del nascituro viene provocata smembrandogli le braccia e le gambe.
I resti fetali diventano una marmellata sanguinolenta.
Oppure la dilatazione del canale cervicale e raschiamento uterino: un lungo strumento, la cui estremità forma un affilato cucchiaino, viene introdotto nell’utero per raschiarne le pareti eliminandone così il contenuto.
Dopo il primo trimestre viene impiegata una delle seguenti tecniche.
La dilatazione cervicale e svuotamento dell’utero con pinza e anelli (il feto viene fatto a pezzi).
Si richiede una maggiore dilatazione del collo dell’utero, l’uso di pinze per smembrare il feto (prima braccia e gambe poi schiena), la frantumazione del cranio (per aspirare la testa), e l’estrazione dei resti fetali mediante un forcipe ad anello.
Oppure la somministrazione di alti dosaggi transvaginali di prostaglandine E2: ormoni che provocano le contrazioni del parto, e che vengono iniettate nel liquido amniotico o somministrate sotto forma di compresse vaginali.
Dopo la 16ª settimana lo svuotamento è preceduto dalla somministrazione di farmaci che stimolino le contrazioni uterine e la dilatazione cervicale (per esempio, soluzione ipertonica di sale intramniotica).
La soluzione salina brucia la pelle, la gola, e gli intestini del feto.
Alla fine il feto viene espulso.
C’è infine l’isterotomia, cioè l’apertura chirurgica dell’utero e dell’addome e l’estrazione del feto.
lo avete fatto a me".
MATTEO 25,40
3. L’atteggiamento della Chiesa antica di fronte all’aborto
Occorre registrare innanzitutto che ci sono discussioni sul significato del termine farmakeía (neovulgata: veneficia), usato da san Paolo in Gal 5, 20 come oggetto di condanna. Diversi autori ritengono che l’uso paolino di tale vocabolo non si riferisce solo alle droghe abortive allora utilizzate, ma che certamente le include 9.
La Chiesa primitiva vede l’aborto come un crimine contro la vita umana, che scaturisce dal disprezzo del Creatore. La condanna dell’aborto è netta e senza sfumature 10.
Numerosi sono i testimoni di questa dottrina.
La Didaché annovera gli «uccisori dei figli» e i «distruttori della creatura di Dio» fra coloro che scelgono la via della morte 11.
La Lettera di Barnaba vede l’aborto come una grave trasgressione del comandamento della carità 12.
In Atenagora la condanna dell’aborto è collocata nel contesto della lotta del cristianesimo contro le multiforme espressioni del disprezzo della vita del mondo romano.
Egli afferma che i cristiani considerano come omicide le donne che fanno ricorso a medicine abortive, perché i bambini nel loro seno «sono già oggetto delle cure della Provvidenza divina» 13.
Minucio Felice, nell’Ottavio, paragona l’aborto a un «parricidium» 14.
Clemente Alessandrino, nel Pedagogo, denuncia l’aborto come morte del senso di umanità 15.
Tertulliano afferma che «è un omicidio anticipato impedire di nascere; poco importa che si sopprima l’anima già nata o che la si faccia scomparire nel nascere.
È già un uomo colui che lo sarà» 16.
Non meno netta è la posizione di San Basilio il Grande:
«Non esiste tra di noi una cavillosa distinzione tra frutto del corpo pienamente formato e frutto privo di forma» 17.
L’ABORTO è sempre OMICIDIO.
Anche la disciplina penitenziale della Chiesa primitiva era netta e unanime. Essa prevedeva la scomunica a vita, attenuata a partire dal sinodo di Ancira (anno 314) in una penitenza decennale graduata.
Bisogna concludere con Sardi che la Chiesa antica vede «nel feto un essere umano già in atto e condanna perciò il procurato aborto come omicidio.
L’insistenza dei pastori della Chiesa su questo concetto è martellante: il frutto del concepimento è “plasma” divino; eliminarlo costituisce omicidio aggravato (“parricidio”), dato il vincolo di sangue che unisce la madre al figlio» 18.
4. La dottrina ecclesiale sull’aborto
Quanto si è detto finora permette di capire che il prestigioso Lexikon für Theologie und Kirche affermi che la tradizione è così chiara e unanime che si deve pensare che la condanna dell’aborto è una verità di fede 19.
Il Concilio Vaticano II condannò l’aborto come un abominevole delitto 20.
Paolo VI, in un discorso del 1972, affermò che l’insegnamento della Chiesa sull’aborto non è mutato ed è immutabile 21.
L’unanimità della tradizione e dell’insegnamento ecclesiale sull’aborto è illustrata sinteticamente nella Dichiarazione sull’aborto procurato della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 18 novembre 1974. Documento che espone in modo molto preciso e ordinato la dottrina ecclesiale sulla materia, con le sue basi teologiche e razionali, e che dà una risposta chiara alle principali obiezioni.
La condanna morale dell’aborto è stata ribadita e confermata in modo assai solenne dall’enc. Evangelium vitae, del 25-III-1995. In essa Giovanni Paolo II ricorda che i testi della Sacra Scrittura mai parlano esplicitamente dell’aborto procurato (fenomeno non presente nel mondo biblico), ma «presentano in tal modo l’essere umano nel seno materno, che esigono logicamente che si estenda anche a questo caso il comandamento divino non uccidere» 22.
Aggiunge che la Tradizione cristiana «è chiara e unanime, dalle origini fino ai nostri giorni, nel qualificare l’aborto come disordine morale particolarmente grave [...] Lungo la sua storia ormai bimillenaria, questa medesima dottrina è stata insegnata costantemente dai Padri della Chiesa, dai suoi Pastori e Dottori.
Anche le discussioni di carattere scientifico e filosofico circa il momento preciso dell’infusione dell’anima spirituale, non hanno mai comportato alcuna esitazione circa la condanna morale dell’aborto» 23. Su queste basi, e tenendo conto sia i ripetuti ed unanimi giudizi del Magistero più recente, sia la consultazione di tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica nella Pentecoste del 1991, Giovanni Paolo II dichiara «che l’aborto diretto, cioè, voluto come fine o come mezzo, è sempre un disordine morale grave, in quanto eliminazione deliberata di un essere umano innocente» 24, precisando anche che questo giudizio morale appartiene all’insegnamento del Magistero ordinario e universale della Chiesa. Ciò significa, come ormai sappiamo, che si tratta di una dottrina in cui la Chiesa ha impegnato la sua infallibilità 25, e che appartiene al secondo comma della formula conclusiva della Professio fidei 26.
Il fondamento di questo giudizio morale è il principio dell’inviolabilità della vita umana, da noi già studiato.
Qui c’è da aggiungere che nell’aborto ci sono alcune circostanze che rendono particolarmente grave l’attentato contro la vita.
L’essere umano nel seno della madre è quanto di «più innocente in assoluto si possa immaginare» 27.
Egli «è totalmente affidato alla protezione a alle cure di colei che lo porta in grembo» 28.
D’altra parte, la paternità e la maternità sono dei rapporti umani e sociali di carattere fondamentale.
Senza di essi non ci sarebbe vita umana.
Esse sono inoltre un altro importante aspetto dell’immagine divina nell’uomo: mediante esse l’uomo e la donna partecipano all’amore creativo di Dio 29, stabilendosi tra Dio e i genitori una delicata e reciproca relazione di fiducia.
Dio affida la vita nascente alle cure dei genitori, e questi confidano che Dio li aiuterà a portare il peso che la debolezza della nuova vita e la sua totale dipendenza possa comportare.
Alla luce di queste considerazioni, l’aborto procurato rappresenta oggettivamente la corruzione della paternità e della maternità, nel suo senso umano e anche in quello teologico.
L’immagine dell’amore divino impressa nella capacità procreatrice umana è violata. La fiducia di Dio nei confronti degli uomini è da questi tradita.
E la naturale dipendenza e debolezza della vita nascente, che non ha voce per protestare, è mal interpretata ed è soggetta ad abusi.
È vero che i genitori, e specialmente la madre, incontrano talvolta gravi difficoltà e forti pressioni ambientali, che possono persino oscurare momentaneamente e parzialmente la gravità dei loro atti, ma in senso oggettivo è sempre vero che con l’aborto procurato si calpesta l’immagine divina impressa sia nell’umanità dei genitori come in quella della vittima, e si nega a quest’ultima la condizione di uguaglianza, rispetto a noi, che ontologicamente possiede, e che le deve essere riconosciuta.
Si deve osservare, infine, che il problema dell’aborto mette in luce la crisi di un certo concetto di libertà come completa autonomia.
Il problema è che l’essere di una persona umana è così strettamente intessuto con l’essere di un’altra, della madre, che per il momento può sussistere assolutamente solo nella sua correlazione corporea con essa, in un’unità fisica con lei, che tuttavia non elimina il suo essere altro e non permette di porre in discussione il suo essere se stesso.
Tuttavia l’essere della nuova persona è “essere dall’altro”, dalla madre, e chiede a questa di “essere-per” il neo concepito, di mettersi a sua disposizione.
Qualora questa richiesta rivolta alla madre di “essere-per” contraddice il volere della madre, tale richiesta viene vista come opposizione alla propria libertà, che rifiuta ogni “essere-da” e ogni “essere-per”.
Vuole essere pura autonomia, indipendenza da ogni vincolo.
Questa immagine della libertà umana non risponde alla verità dell’uomo creato a immagine di Dio.
Dio è per sua essenza “essere-per” (Padre), “essere-da” (Figlio) ed “esserecon” (Spirito Santo) 30.
San Padre Pio - risposta ad una domanda del Dott.Lotti
5. Alcune obiezioni
Nello studio dello statuto dell’embrione umano dal punto di vista scientifico abbiamo già considerato alcune delle obiezioni che spesso vengono rivolte anche alla dottrina ecclesiale. Ora ne consideriamo altre due, che si riferiscono più specificamente all’aborto.
1) È abbastanza conosciuta l’argomentazione formulata da K. Rahner:
se, sapendo che una non insignificante percentuale dei zigoti si perde spontaneamente,si afferma nonostante tutto che la formazione individuale dell’uomo si realizza con la fecondazione, «sarà capace il moralista di ammettere che il 50% degli “esseri umani” — esseri umani dotati di un’anima immortale e da un destino eterno — non vanno oltre il primo stadio dell’esistenza umana?» 31
Dio non può privare a tante anime umane della possibilità di esprimersi e mandarle al limbo.
Lasciando ora da parte che la percentuale di perdite spontanee di embrioni non è così alta, occorre soprattutto osservare che non si capisce perché si deve concepire in modo meccanicistico l’infusione dell’anima umana da parte di Dio.
Perché si dà per scontato che Dio debba infondere un’anima umana ad un ovulo fecondato che, per il fatto di avere grandi aberrazioni genetiche (polispermia, ecc.).
Egli sa che non è propriamente un embrione umano e che è destinato a perdersi? L’infusione dell’anima, come tutta la Creazione, è un atto della sapienza e dell’amore di Dio, e non il risultato cieco di un processo automatico, dal quale l’amore di Dio resterebbe prigioniero.
D’altra parte, non c’è alcuna connessione logica né etica fra la proposizione “questo embrione potrebbe perdersi spontaneamente” e la proposizione “è lecito interrompere direttamente il suo sviluppo attuale”, come non c’è alcune connessione tra la proposizione “questo uomo potrebbe morire fra poco tempo o anche adesso” e la proposizione “è lecito ucciderlo”.
Mediante l’aborto si sopprime intenzionalmente l’embrione che si ritiene possa arrivare a termine, non quello che non può arrivare.
2) Più numerosi sono gli autori che invocano il diritto di autodeterminazione della madre.
Non ha molto senso se ciò che è in gioco è la vita di una persona umana (anche il furto e lo stupro sono atti di autodeterminazione da parte di chi li commette). Tuttavia consideriamola.
Si sostiene che, anche se l’embrione ha una sua vitalità autonoma, non può farla valere nei confronti della madre, perché essa non può essere obbligata a porgli a disposizione il proprio corpo per nove mesi, e poi normalmente a prodigarle cure per alcuni anni. Si tratta all’embrione come a un ospite non invitato, la cui accoglienza — particolarmente onerosa — può essere un gesto generoso che si accetta volontariamente, ma non può essere imposta sul piano morale né politico.
Si vuol presentare l’aborto come una scelta di negata prestazione di servizio a un ospite non invitato 32.
Ma non è così.
Viene ucciso un essere umano, e nessuno potrebbe sostenere il diritto di uccidere l’ospite non invitato.
D’altra parte, il bambino non appare nel seno della madre per iniziativa propria (non è un ospite inaspettato).
Quel bambino è suo figlio, lei e il padre lo hanno procreato e concepito insieme. Sono stati loro a chiamarlo all’esistenza, e così hanno fondato il loro dovere di nutrirlo e proteggerlo.
A loro spetta assumersi le conseguenze dei propri atti, anche se in questo caso si trattassi si conseguenze non desiderate.
Si ha un’ipotesi diversa se il concepimento è conseguenza della violenza subita dalla madre.
L’obiezione passa allora a qualificare il figlio come un aggressore e l’aborto come negazione di una prestazione positiva ad un aggressore.
Ma aggressore è soltanto chi ha commesso la violenza.
E l’aborto non è la negazione di una prestazione positiva, ma un’uccisione, che lede il diritto negativo del bambino di non essere ucciso.
Ciò che risulta inaccettabile in ogni caso è che colui che i genitori hanno concepito, volenti o nolenti, abbia un valore e abbia un diritto alla vita solo se è desiderato e accettato.
Il principio della sacralità della vita umana consiste appunto nell’affermazione che il valore di un essere umano non risiede mai solo né principalmente nell’essere desiderato da altri uomini.
6. Problemi politici legati all’aborto
Poiché in molti paesi l’aborto procurato è stato reso legale dalla legge civile, esso è diventato oggi anche un problema etico-politico.
La sostanza del problema consiste nel fatto che nei diversi paesi è prevalsa la volontà politica di introdurre nell’ordinamento giuridico un principio di ingiusta e fatale discriminazione.
La storia ci insegna che è stato possibile far coesistere un sistema giuridico e politico evoluto per quanto riguarda la definizione dei diritti civili, con la schiavitù o la segregazione per motivi razziali.
Le leggi precisano in modo ineccepibile quali sono i diritti delle persone e dei cittadini, ma le stesse leggi dispongono che un ampio gruppo di essere umani, abitanti del paese, siano esclusi dalla categoria dei cittadini e delle persone. Alla discriminazione razziale è subentrata oggi un altro tipo di discriminazione, che si fonda ugualmente sulla ingiusta dissociazione tra la condizione di essere umano vivo e la condizione di persona in senso giuridico 33.
C’è da aggiungere che questo nuovo tipo di discriminazione, che potremmo chiamare “discriminazione bioetica”, nega ai soggetti discriminati non tanto i diritti di libertà quanto lo stesso diritto di esistere e che, per quanto riguarda la quantità delle vittime, potrebbe essere considerato senza esagerazione come una terza guerra mondiale 34.
La responsabilità etica nei confronti della vita umana impone la più ferma e totale opposizione ad ogni forma di “discriminazione bioetica”.
L’enciclica Evangelium vitae ha preso in considerazione le dimensioni politiche dell’aborto.
Essa non vede la legge civile come uno strumento repressivo da usare contro la madre, ma come un ordinamento di giustizia 35 le cui importanti dimensioni simboliche e culturali 36 devono essere messe al servizio del bene dell’uomo, del suo sviluppo e dei sui diritti fondamentali.
D’altra parte, conviene notare che il rapporto della legge civile alla legge morale non viene visto dall’enciclica come rapporto ad un’istanza esterna di controllo, ma da una prospettiva che non esiterei a chiamare “costituzionalistica”, giacché ciò che viene messo in luce è il rapporto intrinseco e ineludibile delle scelte del legislatore ordinario con i diritti umani fondamentali proclamati e tutelati dalle Carte costituzionali di tutti i Paesi civili del mondo.
Sono i diritti che, come valori sostanziali di fondo della tradizione costituzionalistica moderna, sono stati di fatto i principi propulsori della concezione umanistica e democratica della politica e del diritto.
Veniamo all'esposizione sintetica dei contenuti dell'enciclica.
In primo luogo vengono registrate le principali argomentazioni di ordine giuridico e politico proposte in favore delle leggi non rispettose del valore assoluto della vita umana 37, per passare immediatamente allo studio del rapporto tra legge civile e legge morale 38, che si conclude con il seguente enunciato:
«Le leggi che autorizzano e favoriscono l’aborto e l’eutanasia si pongono dunque radicalmente non solo contro il bene del singolo, ma anche contro il bene comune e, pertanto, sono del tutto prive di autentica validità giuridica.
Il misconoscimento del diritto alla vita, infatti, proprio perché porta a sopprimere la persona per il cui servizio la società ha motivo di esistere, è ciò che si contrappone più frontalmente e irreparabilmente alla possibilità di realizzare il bene comune.
Ne segue che, quando una legge civile legittima l’aborto o l’eutanasia cessa, per ciò stesso, di essere una vera legge civile, moralmente obbligante» 39.
Da ciò deriva il «grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di coscienza» 40, e l'impossibilità morale di sostenerle con il suffragio del proprio voto 41 e di cooperare alla loro applicazione.
«Infatti, dal punto di vista morale, non è mai lecito cooperare formalmente al male. Tale cooperazione si verifica quando l’azione compiuta, o per la sua stessa natura o per la configurazione che essa viene assumendo in un concreto contesto,
si qualifica come partecipazione diretta ad un atto contro la vita umana innocente o come condivisione dell’intenzione immorale dell’agente principale.
Questa cooperazione non può mai essere giustificata» 42.
Viene anche contemplato il particolare problema di coscienza che si pone nei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto.
«Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica.
Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui» 43. La soluzione data a questo particolare problema di coscienza va vista nel contesto dei doveri etici nei confronti delle leggi ingiuste.
In sostanza non si afferma altro che, quando non è possibile abrogare totalmente una legge ingiusta, è lecito e doveroso procedere alla sua abrogazione parziale, purché ciò possa essere fatto senza causare scandalo o confusione nelle coscienze e senza rendersi veramente responsabili del male che resta in vigore 44.
Se si verificano le condizione segnalate in Evangelium vitae, n. 73,
l’oggetto morale dell’azione realizzata dal parlamentare è l’eliminazione di
tutti gli aspetti ingiusti della precedente legge che qui e ora egli può
eliminare, senza perciò diventare la causa del mantenimento di altri aspetti ingiusti
che egli non vuole e non accetta, ma che non è in grado di eliminare.
Un esempio può chiarire la questione.
Pensiamo ad un paese ha una legge sull’aborto molto permissiva.
Il Parlamento di questo paese ha 100 deputati, divisi in tre gruppi.
Il gruppo A, di 40 membri, accetta l’attuale legge e non accetta alcun cambiamento. Il gruppo B, di 30 membri, vuole una legge più restrittiva, ma in modo alcuno accetta una legge che vieti completamente l’aborto.
Prima di accettare il divieto totale dell’aborto, preferisce restare con la legge attuale.
Il gruppo C, di 30 membri, è contrario a qualsiasi tipo di aborto e vuole il divieto totale. Un gruppo di parlamentari cattolici, del gruppo C, potrebbe lecitamente presentare un nuovo progetto di legge, che vieta tutte le ipotesi di aborto che quelli del gruppo B sono disponibili ad accettare dopo intense negoziazioni. Una volta approvata questa nuova legge, votata dal gruppo B e C, con l’opposizione del gruppo A, la situazione reale e sostanziale è la seguente:
1) la maggioranza parlamentare che sostiene realmente le ipotesi di aborto ancora legali è formata dai gruppi A e B (70 deputati);
2) la maggioranza parlamentare che ha soppresso una parte delle ipotesi di aborto che prima erano legali è formata dai gruppi B e C (60 deputati);
3) il gruppo C, dove stanno i cattolici è responsabile unicamente dalla scomparsa dall’ordinamento legale di alcuni casi di aborto che fino alla nuova legge erano legali.
Il fondamento della liceità di quanto ha fatto il gruppo C non è semplicemente che la nuova legge è più restrittiva di quella precedente.
Il fondamento è che l’oggetto morale della loro azione consiste nell’abrogare tutte le fattispecie di aborto che è stato possibile abrogare, senza rendersi realmente e sostanzialmente responsabili del fatto che alcuni aborti siano ancora legali.
La legalizzazione di questi aborti è sostenuta nel parlamento dai gruppi A e B, non dal gruppo C.
Il gruppo C non è sostanzialmente responsabile degli aspetti negativi della legge più restrittiva, anche se sembra esserlo formalmente.
Il punto fondamentale da tener presente è che la nuova legge, nel dichiarare
legali alcuni pochi tipi di aborti, non permette nulla che prima fosse vietato, ma vieta molto di quanto prima era permesso. Un’ultima condizione è richiesta.
Deve essere a tutti nota non solo l’opposizione del gruppo C ad ogni tipo di aborto, ma anche deve essere chiaro per tutti il reale significato della loro azione in parlamento. Loro hanno operato una sostanziale abrogazione parziale di una legge ingiusta, e debbono chiaramente dire che la nuova legge continua ad essere ingiusta.
Non si può collaborare alla loro applicazione e continua ad essere necessario per il personale sanitario porre l’obiezione di coscienza.
Le argomentazioni proposte contro le leggi abortiste sono congruenti con la migliore dottrina costituzionalistica europea, che è passata da una comprensione protoliberale dei diritti fondamentali come mere libertà del singolo di fronte allo Stato, a una comprensione più “istituzionale” di tali diritti: essi sono non solo libertà del singolo garantite dalle ingerenze dello Stato, ma esprimono anche un ordine di valori da realizzare da parte della comunità politica 45.
I diritti fondamentali non sono solo libertà dallo Stato, ma anche libertà nello Stato 46.
I diritti fondamentali, specie quello alla vita, non solo garantiscono l’immunità nei confronti dello Stato, ma conferiscono al singolo anche il diritto di essere protetto mediante disposizioni legali da ingerenze realizzate da altre persone 47. Giustamente ha scritto P. Häberle che «se la libertà del singolo non fosse tutelata penalmente contro la minaccia derivante dall’altrui abuso della libertà, non vi sarebbe più luogo per parlare del significato della libertà per la vita sociale nell’insieme. S’imporrebbe il più forte.
Il risultato complessivo al quale tendono i diritti fondamentali verrebbe messo in discussione, perché persino la realizzazione individuale delle libertà risulterebbe essere seriamente minacciata» 48.
D’altra parte, occorre notare che l’esigenza di tutela dei diritti fondamentali non è fondata unicamente sul valore che gli interessi da essi garantiti hanno per un ipotetico individuo non politico. La sfera privata della vita individuale non è un ambito non politico, essa è piuttosto il presupposto della vita politica.
Attraverso i diritti fondamentali si realizza un processo di libertà che costituisce un elemento essenziale della democrazia.
I diritti fondamentali sono il “fondamento funzionale” della vita democratica. Essi sono garanzie concesse alla comunità, elementi di ordine pubblico e principi strutturanti del nostro vivere insieme.
I diritti fondamentali adempiono una funzione sociale e la loro tutela rappresenta anche un interesse pubblico 49. Dobbiamo quindi concludere che quando si sostiene che le leggi che autorizzano o favoriscono l’aborto sono in contrasto anche con le esigenze del bene comune 50, la Evangelium vitae si pone ad un livello di ragionamento etico-giuridico perfettamente congruente con i principi fondamentali che stanno alla base della concezione moderna dello Stato.
Da quanto detto è evidente che le attuali legislazioni abortiste, che si presentano formalmente come leggi di tutela della maternità e che introducono una certa regolazione dell’aborto, non possono essere considerate come una tutela della vita nascente compatibile con il diritto fondamentale alla vita.
Così lo sottolinea la Evangelium vitae: le leggi sull’aborto «sono in totale e insanabile contraddizione con il diritto inviolabile alla vita proprio di tutti gli uomini e negano, pertanto, l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge» 51.
In effetti sono leggi che violano una delle condizioni fondamentali per un’ordinata vita collettiva nello Stato.
Se una madre non vuole il suo bambino, lo dia a me, perché io lo amo".
Beata Madre Teresa di Calcutta
7. Aspetti canonistici e pastorali
Abbiamo già accennato che l’aborto procurato è punito con la pena della scomunica.
Nella Chiesa latina «chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae», cioè automatica 52.
Nelle Chiese orientali l’aborto è punito con la scomunica maggiore, ma senza l’effetto latae sententiae 53.
Nel 1988 la Commissione Pontificia per l’Interpretazione Autentica del CIC precisò che per aborto si deve intendere non soltanto l’espulsione del feto immaturo, secondo la definizione di Sisto V del 1588, ma anche «l’uccisione procurata del feto in qualsiasi modo fatta ed in qualsiasi tempo dal momento della concezione» 54.
A effetti penali viene impiegato quindi lo stesso concetto di aborto che qualche anno dopo verrà dato dall’enciclica Evangelium vitae 55.
La scomunica è una sanzione canonica medicinale grave, che priva di determinati diritti e beni spirituali, tra cui la ricezione dei Sacramenti.
In essa si incorre automaticamente — nella Chiesa latina — se c’è la certezza di aver procurato l’aborto (effectu secuto) e se il delitto è gravemente imputabile 56.
Nei singoli casi bisogna tener conto però delle eventuali cause legali scusanti, tra cui l’età inferiore a 16 anni, il timore grave e l’ignoranza senza colpa della legge penale violata 57, e anche delle circostanze attenuanti contemplate nel canone 1324 58, che nel caso delle pene automatiche diventano cause esimenti 59.
La scomunica conseguente all’aborto, non essendo riservata alla Santa Sede e neppure ordinariamente dichiarata, può essere rimessa dall’Ordinario del luogo ai suoi sudditi e a quelli che si trovano nel suo territorio o in esso hanno commesso il delitto, ed anche da qualsiasi Vescovo nell’atto della confessione 60, dal canonico penitenziere o da altri sacerdoti incaricati dal Vescovo 61, dai cappellani degli ospedali, delle carceri e delle navi 62, da qualsiasi sacerdote in caso di pericolo di morte 63 e, nei casi urgenti, da qualsiasi confessore, nel foro interno sacramentale, alle condizioni indicate dal diritto 64.
Nelle Chiese orientali l’assoluzione del peccato di aborto è riservata al Vescovo eparchiale 65.
Per quanto riguarda i soggetti raggiunti dalla scomunica, incorrono in essa la madre che abbia acconsentito, l’autore dell’atto abortivo e i coautori 66, nonché i complici necessari (mandanti, istigatori), quelli cioè senza la cui opera il delitto non sarebbe stato perpetrato 67.
Dal punto di vista pastorale occorre sottolineare che richiede particolare prudenza l’accoglienza e l’aiuto alle persone che sono state coinvolte nel peccato di aborto.
È necessario discernere le differenti situazioni.
Va tenuto presente quanto scrisse Giovanni Paolo II sulle donne che hanno fatto ricorso all’aborto:
«La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica.
Probabilmente la ferita nel vostro animo non s’è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione.
Vi accorgerete che nulla è perduto e potrete chiedere perdono anche al vostro bambino, che ora vive nel Signore. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita» 68.
Notevolmente diversa può essere talvolta la condizione morale degli esecutori e istigatori, o di quanto hanno agito per motivazioni banali, con fredda deliberazione o con notevole spregiudicatezza. In ogni caso, si tratta di una ferita grave, che deve essere curata in modo non superficiale.
Togliere importanza sarebbe un sollievo solo momentaneo.
La verità deve essere presentata tuttavia nella prospettiva della misericordia e del perdono divino, in modo che le persone interessate non vengano sopraffatte dal peso delle loro colpe né cadano nella disperazione.
Non è questione di severità né di benignità pastorali, ma di individuare per ogni singolo caso le vie idonee per facilitare che la grazia di Dio operi la guarigione completa e profonda dell’anima.
8. L’aborto indiretto
La morte dell’embrione o del feto nel grembo materno può avvenire anche come effetto collaterale (“indiretto”), previsto ma non voluto in modo alcuno, di un’azione terapeutica resasi necessaria e urgente per la madre a causa di una patologia (tumore, ecc.), e non a causa della gravidanza stessa.
Siamo di fronte ad un’azione del duplice effetto, e come tale va giudicata.
Dopo aver valutato accuratamente tutte le circostanze, e in particolare la possibilità di terapie alternative oppure di procrastinare l’inizio delle cure, e tenuto presente che accettare sacrifici e rischi per salvare i propri figli è parte della missione della madre, secondo i principi morali che regolano le azioni del duplice effetto un simile intervento terapeutico può essere moralmente lecito.
Così si espresse Pio XII al riguardo: «Se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l’operazione può essere considerata lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro rimedio» 69.
Questo tipo di interventi sono stati tradizionalmente chiamati aborto indiretto.
Il nome non è felice, perché considerate le cose dal punto di vista morale non c’è scelta abortiva: non si sceglie di procurare l’aborto, ma di salvare la vita della madre mediante l’unico intervento possibile, che è di natura terapeutica e non letale.
Naturalmente, l’importanza dell’effetto collaterale (la possibilità maggiore o minore della morte del figlio) rende doverosa una valutazione molto attenta della proporzionalità e delle altre circostanze.
Esistono ancora altri tipi di situazioni cliniche, come sono per esempio le gravidanze ectopiche.
Qui la patologia non è indipendente dalla gravidanza, ma è costituita dal modo patologico in cui essa avviene.
Se la gravidanza ectopica non si risolve spontaneamente, si arriva ad una situazione nella quale la vita del figlio è già irreversibilmente condannata dalla natura, e allora è dovere del medico porre in atto le terapie o gli interventi mirati a salvare l’unica vita possibile, sempre con il massimo rispetto verso la vita che necessariamente si sta spegnendo.
Il fatto che la “scelta” tra una vita e l’altra sia stata presa già dalla natura non autorizza il medico a compiere la scelta di uccidere, ma sì a mettere in atto le procedure necessarie qui e ora per evitare rischi gravi per la madre, che in questo caso sarebbero del tutto inutili 70.
Queste situazioni, e altre simili, sono ben differenti dall’aborto terapeutico, che è invece un aborto diretto voluto come mezzo in ordine alla salute fisica o psicologica della madre.
9. Nuove forme di intercezione e contragestazione
Si chiama contraccezione ogni azione morale che rende intenzionalmente infeconde le relazioni coniugali, cioè che impedisce che avvenga la fecondazione.
Oggi vengono presentati come contraccettivi alcuni farmaci o prodotti sanitari il cui effetto principale o più sicuro non è impedire che avvenga la fecondazione, ma impedire l’impianto nell’utero dello zigote che risulta dall’avvenuta fecondazione (intercezione, metodi intercettivi), oppure eliminare l’embrione appena impiantato (contragestazione, metodi contragestageni o antigestageni).
Si tratta pertanto di metodi che provocano un aborto precoce, e quindi sono abortivi o, in alcuni casi, prevalentemente abortivi.
Tuttavia vengono presentati come “contraccezione di emergenza”, “contraccezione post-coitale”, “contraccezione preimpiantatoria”, ecc., perché si usano dopo il rapporto sessuale che si pensa possa essere fecondo.
Vengono chiamati così al fine di legittimare la loro vendita, più o meno libera, in farmacie, per convincere l’opinione pubblica, e per consentire la loro distribuzione saltando le procedure previste dalle diverse legislazioni abortiste.
I metodi intercettivi più comuni sono:
i dispositivi intra-uterini (IUD);
la pillola del giorno dopo;
i progestinici in pillole, iniezioni o impianti sottocutanei.
Spieghiamo brevemente i loro meccanismo di azione e i loro effetti.
Tutti hanno inoltre effetti collaterali negativi, sui quali non ci soffermiamo 71.
La spirale o IUD (IntraUterine Device).
L’inserimento di una spirale medicata al rame nel giorno seguente al rapporto sessuale (in ogni caso non più di 72 ore dopo) evita con grande efficacia la gravidanza. Si usa quando esiste controindicazione all’uso di estrogeni e di estroprogestinici.
Ha l’effetto di impedire l’annidamento. Non si usa se c’è pericolo di infezione trasmessa per via sessuale.
La pillola del giorno dopo. Indica diversi prodotti ormonali che si amministrano dopo un rapporto sessuale allo scopo di evitare la gravidanza.
Per alcun tempo si usarono estrogeni ad alto dosaggio.
Questo sistema fu abbandonato, e sostituito dal metodo di Yuzpe: amministrazione di estroprogestinici combinati: etinilestradiolo e norgestrel.
Si prende un’unica dosi in due tempi, con intervallo di 12 ore.
Il nome commerciale nel Regno Unito è Eugynon, negli USA Preven e in Francia Tétragynon.
Agisce sull’endometrio, impedendo l’annidamento.
Se è somministrato prima dell’ovulazione, può svolgere anche un effetto contraccettivo (inibizione dell’ovulazione).
Un altro tipo di “pillola del giorno dopo” è il Levonorgestrel (Plan B, Norlevo, Levonette-2).
Sono progestinici.
Si somministra due volte con un intervallo di 12 ore, 48 ore dopo il rapporto sessuale. Oggi è preferito al metodo di Yuzpe.
Questi farmaci abitualmente non inibiscono l’ovulazione.
Gli studi sperimentali dicono che l’inibisce nel 17% dei casi se somministrato tra il 9º e il 15º giorno del ciclo femminile, e nel 23% dei casi se somministrato tra l’11º e il 19º giorno del ciclo. Ma questo non spiega l’altissima efficacia nel prevenire la gravidanza.
La sua principale azione come “contraccezione di emergenza” si svolge sull’endometrio sul piano morfologico e biochimico, impedendo l’annidamento.
Anche il Danazolo e il Mifepristone sono stati usati come “contraccettivi di emergenza”.
Il Danazolo blocca la produzione delle gonadotropine LH e FSH da parte dell’ipofisi.
Venivano amministrate 2 o 3 dosi con un intervallo di 12 ore. Generalmente oggi non si usa, perché ha un indice rilevante di fallimenti.
Come “contraccettivo di emergenza” il Mifepristone (RU 486) viene amministrato entro le 72 ore del rapporto sessuale.
Tuttavia questo uso rimane a livello sperimentale.
L’uso abituale è come abortivo dopo l’impianto.
I progestinici si amministrano anche come iniezioni ogni tre mesi, come impianti sottocutanei (Norplant 1 e 2 [Levonorgestrel], Silastic, Capronor) e come anelli vaginali, che liberano il principio attivo a poco a poco.
L’effetto anovulatorio, che diminuisce man mano che passa il tempo, sta intorno al 50% 72. Negli altri casi impediscono l’impianto.
Esiste una discussione sul modo di azione di questi prodotti.
In molti ambienti medici si chiama aborto solo all’eliminazione dell’embrione dopo l’impianto, e così questi preparati possono essere presentati come contraccettivi.
In realtà questi farmaci operano una completa liberalizzazione dell’aborto precoce, che sfugge persino alle leggi abortisti.
Gli studi disponibili dimostrano complessivamente che essi non impediscono sempre l’ovulazione, neanche quando vengono somministrati nella fase preovulatoria. L’effetto contraccettivo è secondario. L’effetto principale (80% dei casi complessivamente) si verifica dopo la fecondazione, e consiste nell’impedire l’impianto nell’utero dell’embrione: si tratta quindi di un effetto abortivo.
I principali metodi di contragestazione sono:
i vaccini antigonadotropina corionica (vaccino anti-hCG);
la pillola RU 486 o mifepristone;
le prostaglandine.
Questi metodi, presentati talvolta come mezzi di “regolazione mestruale”, si applicano per porre fine alla gravidanza entro il 49º giorno.
Alcuni prodotti si usano fino al 56º giorno. Appartengono a questa categoria il Mifepristone (RU 486), le prostaglandine come il Misoprostolo e il Gemeprost.
Si usa anche il Methotrexate (che inibisce lo sviluppo del trofoblasto).
Questi prodotti mostrano un’altra dimensione della connessione tra contraccezione e aborto.
Dall’atteggiamento morale che strumentalizza la sessualità nasce la disponibilità per distruggere il suo eventuale frutto.
Dal punto di vista morale è certo che i metodi di contragestazione sono manifestamente abortivi, e nel loro uso si ha normalmente anche la certezza di aver ottenuto l’effetto, il che è rilevante a effetti della scomunica.
I metodi intercettivi sono prevalentemente abortivi.
Il loro uso, da parte di chi conosce il loro meccanismo di azione, comporta l’accettazione della possibilità di compiere un aborto precoce, anche se generalmente non si potrà avere la certezza di aver ottenuto l’effetto.
In ogni caso l’abortività di questi metodi ha una rilevanza per quanto riguarda i problemi etici di cooperazione alla loro produzione, prescrizione e somministrazione e alla legittimità dell’obiezione di coscienza 73.
NOTE
1 Parte di un’opera in preparazione.
2 Evangelium vitae, n. 58.
3 «Abortus est eiectio immaturi foetus viventis ex utero materno»
(D.M. PRÜMMER, Manuale Theologiae Moralis, cit., vol. II, n. 137).
«Abortus est eiectio foetus immaturi ex utero matris» (H. NOLDIN, Summa Theologiae Moralis, 27ª ed., F. Rauch, Oeniponte- Lipsiae 1941, vol. II, n. 342).
4 Su questo e su quanto segue si veda A. RODRÍGUEZ LUÑO, La valutazione teologicomorale dell’aborto, in E. SGRECCIA - R. LUCAS (edd.), Commento interdisciplinare alla “Evangelium vitae”, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, pp. 419-434 (gli studi contenuti in questo volume sono molto utili per lo studio dei diversi aspetti dell’aborto). Si vedano anche: G. GRISEZ, El aborto. Mitos, realidades y argumentos, Sígueme, Salamanca 1972; J. CONNERY, Abortion: The Development of the Roman Catholic Perspective, Chicago 1977; L. CICCONE, Il confessore e l’aborto, «La rivista del clero italiano» 60 (1979) 886-896; ID., “Non uccidere”. Questioni di morale della vita fisica, Ares, Milano 1984, pp. 144-256; P. DONATI, Riflessioni sociologiche sulla recente fenomenologia dell’aborto, «La Famiglia» 121 (1987) 5-27; J. RATZINGER, Dignità della vita nascente, «Medicina e Morale» 38 (1988) 297-304; M.L. DI PIETRO – E. SGRECCIA, La contragestazione ovvero l’aborto nascosto, «Medicina e Morale» 38/1 (1988) 5-34; E. GIUS – D. CAVANNA, Maternità negata. Ricerca sui vissuti e sugli atteggiamenti nell’interruzione volontaria della gravidanza, Giuffré, Milano 1988; A. PALINI, Aborto. Dibattito sempre aperto da Ippocrate ai nostri giorni, Città Nuova, Roma 1992; J. E B. WILLKE, Che ne sai dell’aborto?, Cic Edizioni Internazionali, Roma 1995; M. PALMARO, Ma questo è un uomo. Indagine storica, politica, etica, giuridica sul concepito, San Paolo, Milano 1996.
5 Cfr. Evangelium vitae, n. 63.
6 Possono essere consultati i Demographic Yearbook pubblicati ogni anno dalle
Nazioni Unite.
Inoltre: S.K. HENSHAW, Induced abortion: A Worldwide Perspective, «International Family Planning Perspectives» 1 (1987) 13; L. IFFY, G. FRISOLI, A. JAKOBOVITS, Perinatal Statistics: The Effect Internationally of Liberalized Abortion, in New Perspectives on Human Abortion, UPA, Frederick, Maryland 1981, p. 92.
7 Cfr. L. CICCONE, La vita umana, cit., pp. 103-104.
Si vedano anche: E. SPAZIANTE, L’aborto provocato: dimensioni planetarie del fenomeno, «Medicina e Morale» 46 (1996) 1083-1134 e ID., L’aborto nel mondo. Aggiornamento statistico-epidemiologico in tema di aborto legalmente registrato, «Medicina e Morale» 48 (1998) 313-368.
Per l’Italia: ISTAT, L’interruzione volontaria della gravidanza in Italia. Un quadro socio-demografico e sanitario della legge 194 ad oggi, Roma 1997.
8 Cfr. A. RODRÍGUEZ LUÑO, La cultura della vita come compito sociale e comunicativo, in ID., «Cittadini degli del Vangelo» (Fil 1, 27). Saggi di etica politica, Edusc, Roma 2005, pp. 61-74.
9 Cfr. J.T. NOONAN, An Almost Absolute Value in History, in ID. (ed.), The Morality of Abortion. Legal and Historical Perspectives, Harvard University Press, Cambridge (Mass) 1970, pp. 8-9; G. PALAZZINI, Jus foetus ad vitam eiusque tutela in fontibus ac doctrina canonica usque ad saeculum XVI, Urbaniae 1943, p. 39, nota 3; B. HONINGS, Aborto e animazione umana, Roma 1973, pp. 59 ss.
10 Cfr. gli studi prima citati di J. Connery, P. Sardi e J.T. Noonan.
11 Didaché, 2, 2 e 5, 2.
12 Lettera di Barnaba, 19, 5.
13 ATENAGORA, Supplica per i cristiani, 35, 6: PG 6, 969.
14 Cfr. MINUCIO FELICE, Octavius, 30.
15 Cfr. CLEMENTE ALESSANDRINO, Pedagogo, 2, 10: PG 8, 511.
16 TERTULLIANO, Apologeticum, 9, 8: CSEL 69, 24. Nel De Anima, Tertulliano
tuttavia afferma: «Atquin et in ipso adhuc utero infans trucidatur, necessaria crudelitas, cum in exitu obliquatus denegat partum; matricida, ni moriturus» (De Anima, 25: PL 2, 691-692). In questo testo, sul cui significato gli studiosi discutono, sembra a noi di vedere il problema che più avanti la teologia morale chiamerà aborto indiretto.
17 S. BASILIO, Epistulae, 188, 2: PG 32, 671.
18 P. SARDI, L’aborto ieri e oggi, cit., p. 98.
19 Cfr. vol. I, p. 98.
20 Cfr. Gaudium et spes, n. 51.
21 Cf. PAOLO VI, Discorso ai Giuristi Cattolici Italiani, 9-XII-1972: AAS 64 (1972) 777.
22 Evangelium vitae, n. 61. A piè di pagina si citano i testi di Ger 1, 4-5; Sal 71/70, 6; Is 46, 3; Gb 10, 8-12; Sal 22/21, 10-11; Lc 1, 39-45.
23 Evangelium vitae, n. 61.
24 Evangelium vitae, n. 62.
25 Si veda la discussione in A. RODRÍGUEZ LUÑO, La legge divina del
“non uccidere”, «Studi Cattolici» 413/414 (1995) 436-438.
26 Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota illustrativa dottrinale
della formula conclusiva della Professio fidei, 29-VI-1998.
27 Evangelium vitae, n. 58.
28 Evangelium vitae, n. 58.
29 Evangelium vitae, n. 43.
30 Cfr. J. RATZINGER, Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, pp. 261-264.
31 K. RAHNER, Zum Problem der genetischen Manipulation, in ID., Schriften zur Theologie, Bd VIII, Einsiedeln – Zürich – Köln 1967, p. 287.
32 Questa argomentazione è stata svolta ampiamente da J.J. THOMSON, A defence of Abortion, «Philosophy and Public Affairs» 1 (1971) 47-66. Per la critica di questa argomentazione, si veda E. SCHOCKENHOFF, Etica della vita. Un compendio teologico, cit., pp. 333-337.
33 Su questi aspetti giuridici e politici è molto utile M. RHONHEIMER, Derecho a la vida y estado moderno. A propósito de la Evangelium vitae, Rialp, Madrid 1998. Esiste una versione precedente dello stesso lavoro, in lingua italiana: Diritti fondamentali, legge morale e difesa della vita nello stato costituzionale democratico. L’approccio costituzionalistico dell’enciclica “Evangelium vitae”, «Annales Theologici» 9 (1995) pp. 271-334. Sulla tutela giuridica della vita umana si vedano anche: C. CASINI - F. CIERI, La nuova disciplina dell’aborto, Cedam, Padova 1978; C. CASINI, Diritto alla vita:
la vicenda costituzionale, Dehoniane, Napoli - Roma 1982; M.A. GLENDON, Abortion and Divorce in Western Law, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1987; A. RODRÍGUEZ LUÑO, «Cittadini degni del Vangelo» (Fil 1, 27). Saggi di etica politica, cit., pp. 75-89.
34 Non vorremo cominciare qui un dibattito sul numero degli aborti per anno nel mondo. Ma nessuno può negare che, anche secondo le stime più basse, le vittime sono diversi milioni ogni anno.
35 Cfr. Evangelium vitae, n. 70.
36 Cfr. Evangelium vitae, n. 73.
37 Cfr. Evangelium vitae, nn. 68-70.
38 Cfr. Evangelium vitae, nn. 71-72.
39 Evangelium vitae, n. 72.
40 Evangelium vitae, n. 73. Cfr. su questo punto C. CAFFARRA,
Aborto e obiezione di coscienza, «Medicina e Morale» 28/3 (1978) 101-109; G. SPAZIANTE, La legge 194/1978 quattro ani dopo.
Obiezione di coscienza e possibilità di prevenzione dell’interruzione volontaria della gravidanza, «Medicina e Morale» 33/1 (1983) 25-41;
F. STELLA, La situazione legislativa in merito alla obiezione sanitaria in Europa, «Medicina e Morale» 35/2 (1985) 281-302.
41 Cfr. Evangelium vitae, n. 73.
42 Evangelium vitae, n. 74. Cfr. L. MELINA, Corso di Bioetica. Il Vangelo della vita,
Piemme, Casale Monferrato 1996, pp. 239-255.
43 Evangelium vitae, n. 73.
44 Si veda A. RODRÍGUEZ LUÑO, Il parlamentare cattolico di fronte ad una legge gravemente ingiusta. Una riflessione sul n. 73 di «Evangelium vitae», «L’Osservatore Romano», 6 settembre 2002, pp. 8-9 (pubblicato pure nelle edizioni settimanali dello stesso giornale in altre lingue). Pubblicato anche in «Medicina e Morale» 52/5 (2002), pp. 952-964.
Disponibile in lingua inglese in: www.priestsforlife.org/articles/02-09-
18evangeliumvitae73.html. Sono state pubblicate traduzioni anche in lingua polacca e tedesca: Katolicki prawodawca wobec problemu gleboko niesprawiedliwego prawa,
«Ethos» 61/62 (2003) 143-158; Der katholisce Gesetzgeber und das Problem eines Gesetzes, das schwerwiegendes Unrecht enthält, in JOHANNES-PAUL-II.- INSTITUT DER KATHOLISCHEN UNIVERSITÄT LUBLIN, Unvollkommene oder Ungerechte Gesetze?, Lublin 2005, pp. 76-90.
La versione italiana si trova ora, con alcune modifiche, in A. RODRÍGUEZ LUÑO, «Cittadini degni del Vangelo» (Fil 1, 27). Saggi di etica politica, cit., pp. 91-108.
45 Cfr. M. RHONHEIMER, Diritti fondamentali, legge morale e difesa legale della
vita nello Stato costituzionale democratico, «Annales Theologici» IX/2 (1995) 271-334.
46 Cfr. P. HÄBERLE, Die Wesensgehaltgarantie des Art. 19 Abs. 2, Grundgesetz. Zugleich ein Beitrag zum institutionellen Verständnis der Grundrechte und zur Lehre vom Gesetzesvorbehalt, 3ª ed. ampliata, C.F. Müller, Heidelberg 1983. Si cita la traduzione parziale italiana: Le libertà fondamentali nello Stato costituzionale, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1993, p. 51. Häberle si richiama ai conosciuti studi di K. HESSE, Die verfassungsrechtliche Stellung der politischen Parteien im modernen Staat, «VVStRL» 17 (1959) 11 ss.; R. SMEND, Bürger und Bourgeois im deutschen Staatrecht, in Staatsrechtliche Abhandlungen und andere Aufsätze, 2ª ed., 1968, pp. 309 ss.; W. HAMEL, Die Bedeutung der Grunderechte im sozialen Rechtsstaat, 1957, p. 40. Si vedano anche gli importanrti studi di J. ISENSEE, Das Grundrecht auf Sicherheit. Zu den Schutzpflichten des freiheitlichen Verfassungsstaates, Walter de Gruyter, Berlin-New York 1983 e E. KLEIN, Grundrechtliche Schutzpflicht des Staates, «Neue Juristiche Wochenschrift» 42 (1989) 1633-1640.
47 Questo principio è stato pienamente riconosciuto dal Tribunale Costituzionale della Germania riunificata nella nota sentenza del 28 maggio 1993. Ciò è particolarmente chiaro nelle Leitsätze prima e terza: «La Costituzione impone allo Stato il dovere di tutelare la vita umana, anche quella prenatale [...] La dignità umana appartiene già alla vita umana prenatale. L’ordinamento giuridico deve assicurare i presupposti giuridici del suo sviluppo nel senso di un autonomo diritto alla vita del nascituro. Questo diritto alla vita trova il proprio riconoscimento, indipendentemente dall’accettazione di esso da parte della madre [...].
La tutela giuridica spetta al nascituro anche nei confronti della propria madre. Una tale tutela è possibile, solo se il legislatore vieta alla donna di abortire, in linea di principio, e le impone contestualmente il dovere giuridico, di principio, di portare a termine la gravidanza». Citiamo la traduzione italiana della Sentenza dal volume di M. D’AMICO, Donna e aborto nella Germania riunificata, Giuffrè, Milano 1994.
48 P. HÄBERLE, Le libertà fondamentali nello Stato costituzionale, cit., p. 47. Comunque, e a scanso di equivoci, ci teniamo a precisare che qui non si fa un’apologia della carcerazione delle donne. Piuttosto si intende mettere in luce che non è ragionevole squalificare in anticipo come “repressiva” l’idea che i diritti fondamentali devono essere giuridicamente tutelati.
49 Cfr. ibid., pp. 51-59. Si veda in questo senso la già citata Sentenza del Tribunale Costituzionale della Germania: Sentenza del 28 maggio 1993, D.I.1,b) e 2; nel volume Donna e aborto..., cit., pp. 165-166.
50 Cfr. Evangelium vitae, n. 72.
51 Evangelium vitae, n. 72.
52 CIC, c. 1398.
53 Cfr. CCEO, c. 1450 § 2.
54 Cfr. AAS 80 (1988) 1818.
55 Cfr. Evangelium vitae, n. 58.
56 Cfr. CIC, c. 1321 § 1.
57 Cfr. CIC, c. 1323.
58 «L’autore della violazione non è esentato dalla pena stabilita dalla legge o dal precetto, ma la pena deve essere mitigata o sostituita con una penitenza, se il delitto fu commesso:
1) da una persona che aveva l’uso di ragione in maniera soltanto imperfetta;
2) da una persona che mancava dell’uso di ragione a causa di ubriachezza o di altra simile perturbazione della mente, di cui fosse colpevole;
3) per grave impeto passionale, che tuttavia non abbia preceduto ed impedito ogni deliberazione della mente e consenso della volontà e purché la passione stessa non sia stata volontariamente eccitata o favorita;
4) da un minore che avesse compiuto i 16 anni di età;
5) da una persona costretta da timore grave, anche se soltanto relativamente tale, o per necessità o per grave incomodo, se il delitto commesso sia intrinsecamente cattivo o torni a danno delle anime;
6) da chi agì per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, ma senza la debita moderazione;
7) contro qualcuno che l’abbia gravemente e ingiustamente provocato;
8) da chi per un errore, di cui sia colpevole, credette esservi alcuna delle circostanze di cui al can. 1323, n. 4 o 5;
9) da chi senza colpa ignorava che alla legge o al precetto fosse annessa una pena;
10) da chi agì senza piena imputabilità, purché questa fosse ancora grave» (CIC, c. 1324 § 1).
59 Cfr. CIC, c. 1324 § 3.
60 Cfr. CIC, c. 1355, § 2.
61 Cfr. CIC, c. 508.
62 Cfr. CIC, c. 566 § 2.
63 Cfr. CIC, c. 976.
64 Cfr. CIC, c. 1357. Si tenga presente soprattutto il canone 1357 § 2: «Il confessore nel concedere la remissione imponga al penitente l’onere di ricorrere entro un mese sotto pena di ricadere nella censura al Superiore competente o a un sacerdote provvisto della facoltà, e di attenersi alle sue decisioni; intanto imponga una congrua penitenza e la riparazione, nella misura in cui ci sia urgenza, dello scandalo e del danno. Il ricorso poi può essere fatto anche tramite il confessore, senza fare menzione del nominativo del penitente».
65 Cfr. CCEO, c. 728, § 2.
66 Cfr. CIC, c. 1329 § 1: «coloro che con comune deliberazione criminosa concorrono
al delitto».
67 Cfr. CIC, c. 1329 § 2. Su tutta questa materia si veda J. HERRANZ, Aborto e scomunica,
in PONTIFICIA ACADEMIA PRO VITA, Evangelium vitae. Enciclica e commenti, LEV,
Città del Vaticano 1995, pp. 209-214.
68 Evangelium vitae, n. 99.
69 PIO XII, Discorso al “Fronte della Famiglia” e all’Associazione Famiglie numerose,
27 novembre 1951, in Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIII, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1952, p. 417.
70 Sulla traduzione di questi principi etici in termini operativi medici non tutti sono d’accordo. Qui non possiamo fare altro che rinviare il lettore bisognoso di maggiori approfondimenti alla letteratura specialistica. Si vedano: T. LINCOLN BOUSCAREN, The Ethics of Ectopic Operations, Milwaukee (2) 1922; J. CONNERY, Abortion: The Development of the Roman Catholic Perspective, cit., pp. 302-303; W. MAY, The Management of Ectopic Pregnancies:
A Moral Analysis, in P.J. CATALDO - A.S. MORACZEWSKY (edd.), The Fetal Tissue
Issue. Medical and Ethical Aspects (The Pope John XXIII Medical-Ethics
Research and Education Center), Braintree Mass., 1994, 121-147; A.G. SPAGNOLO - M.L. DI PIETRO, Bioetica clinica. Quale decisione per l'embrione in una gravidanza tubarica?, «Medicina e Morale» 45/2 (1995) 285-310; E.F. DIAMOND, Moral and Medical Considerations in the Management of Extrauterine Pregnany, «Linacre Quarterly»
66 (1999), 5-15; M. RHONHEIMER, Güterabwägung, Tötungsverbot und Abtreibung in vitalen Konfliktfällen. Lösungsversuch eines klassischen gynäkologischen Dilemmas aus tugendethischer Perspektive, in ID., Abtreibung und Lebensschutz. Tötungsverbot und Recht auf Leben in der politischen und medizinischen Ethik, Verlag Ferdinand Schöningh, Paderborn, 2003, pp. 131-236.
71 Sugli aspetti scientifici generali si veda: J. FLÓREZ . J.A. ARMIJO – A. MEDIAVILLA, Farmacología humana, 3ª ed., Masson, Barcelona 2000. Tra la molta letteratura specialistica, cfr. A.A. YUZPE – J.J. TURLOW – I. RAMZY, Post-coital contraception. A pilot study, «Journal of reproductive medicine» 13 (1974) 53-58; X.O. BILIAN – Z. XUELING – F. DEUDEN, Pharmacokinetic and
pharmacodynamic studies of vaginal rings releasing low dose levonorgestres, «Contraception» 32 (1985) 445-471; E.E. BALIEU, Contragestion by antiprogestina: a new approach to human fertility control, in AAVV, Abortion: medical progress and social implications, Pitman, London 1985, pp. 192-210; Y. SHI – S. ZHENG – Y. ZHU – CH. HE – P. YU – K. FOTHERBY, Pharmacokinetic study of levonorgestrel used as a postcoital agent «Contraception» 37 (1988) 359-369; D.T. BAIRD – M. RODGER, I.T. CAMERON, Prostaglandins and the interruption of the early pregnancy, «Journal of Reproduction and Fertility» 36 (1988) (supl.) 173-179; B.M. LANDGREN – E. JOHANNISSON – A.R. AEDO, The effects of levonorgestrel administered in large doses at different stages of the cycle on ovarian function and endometrial morphology, «Contraception» 39 (1989) 275-289; R. PEYRON – E. AUBENY – V. TARGOSZ, Early termination of pregnancy with mifepristone (RU486) and the orally active prostaglandine misoprostol, «The New England Journal of Medicine» 328 (1993) 1509-1513; R.J. AITKEN – M. PATERSON – P. THILLAI KOOTHAN, Contraceptive vaccines, «British Medical Bulletin», 49 (1993) 88-99;
B. BAYLE, L’activité antinidatoire del contraceptifs oraux, «Contraception Fertilité Sexualité» 22 (1994) 391-395; A.A. HASPELS, Emergency contraception: a review, «Contraception» 50 (1994) 101-108; L. MARIONS – K. GEMZELL – M. SWAHN – M. BYGDEMAN, Conctraceptive efficacy of low doses of mifepristone, «Fertility and Sterility» 70 (1998) 813-816; D. TREMBLAY – E. GAINER – A. ULLMANN, The pharmacokinetics of 750 mg levonorgestrel following administration of one single dose or two doses at 12 or 24 h interval, «Contraception» 64 (2001) 327-331; C. KAHLENBORN – J.B. STANFORD – W. LARIMORE, Postfertilization effect of hormonal emergency contraception, «Annals of Pharmacotherapy» 36 (2002) 465-470.
72 Cfr. X.O. BILIAN – Z. XUELING – F. DEUDEN, Pharmacokinetic and pharmacodynamic studies of vaginal rings releasing low dose levonorgestres, cit.; F. ÁLVAREZ – J.
BRACHE – A.S. TEJADA – A. FAUNDES, Abnormal endocrine profile among women with
confirmed or presumed ovulation during long term Norplant use, «Contraception» 33
(1986) 111.
73 Sugli aspetti etici e bioetici di questi metodi si vedano: M.L. DI PIETRO – E.
SGRECCIA, La contragestazione ovvero l’aborto nascosto,
«Medicina e Morale» 38/1 (1988) 5-34; E. SGRECCIA, Dispensazione al pubblico di mezzi contraccettivi e/o abortivi, «Medicina e Morale» 39/4 (1989) 744-746; K.M. SEVERKYN, Abortifacient drugs and devices: medical and moral dilemmas, «Linacre Quarterly» 8 (1990) 50-67; M.L. DI PIETRO – R. MINACORI, Sull’abortività della pillola estroprogestinica e di altri “contraccettivi”, «Medicina e Morale» 46/5 (1996) 863-900; A.C. MARCUELLO, Contracepción hormonal y tratamiento hormonal, «Cuadernos de Bioética» 23 (1997) 662-673; M.L. DI PIETRO – R. MINACORI, “Contraccezione d’emergenza”: problema medico, etico e giuridico, «Vita e Pensiero» 5 (1997) 353-361; J. SUAUDEAU, Contraception and Abortion. Foes or Friends?, «Linacre Quarterly» 5 (2000), pp. 68-69; R. L. PINEDA, “Contracepción de emergencia”, un mal llamado método contraceptivo, «Cuadernos de Bioética» 45 (2001) 179-193; M.L.
DI PIETRO – R. MINACORI, La contraccezione d’emergenza,
«Medicina e Morale» 51/1 (2001) 11-39; J. LÓPEZ GUZMÁN – A. APARISI MIRALLES, La píldora del día siguiente, Sekotia, Madrid 2002; M.L. DI PIETRO – M. CASINI- A. FIORI – R. MINACORI – L. ROMANO – A. BOMPIANI, Norlevo e obiezione di coscienza, «Medicina e Morale» 53/3 (2003) 411-455; P.A. TALAVERA – V. BELLVER CAPELLA, La objeción de conciencia farmacéutica a la píldora postcoital, «Medicina e Morale» 53/1 (2003) 111-133.
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Si ringrazia,
Prof. Mons. Angel Rodríguez Luño
Facoltà di Teologia, Pontificia Università della Santa Croce.