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CONVIVENZE: IL PACS? Non è necessario, anzi è dannoso!






IL PROBLEMA:




Riconoscere le convivenze?
Riconoscerle per legge (introducendo nel nostro codice - in analogia con quanto è avvenuto in Francia - un nuovo istituto, il PACS, cioè il patto civile di solidarietà)?
Riconoscerle, indipendentemente dal fatto che i partner siano di sesso diverso o dello stesso sesso?
Ammetterle all’adozione?


Queste, ed altre domande, stanno crescendo nell’opinione pubblica italiana come questioni non marginali.







Perchè il PACS NON è NECESSARIO?




Per rispondere a questa domanda, occorre tener presente che le coppie di fatto si dividono in due categorie:
quelle che non vogliono sposarsi
quelle che non possono sposarsi.



1) Circa le prime, quelle che non vogliono sposarsi:
l’intenzione dei conviventi è proprio quella - pur potendolo fare - di non legarsi giuridicamente e non si vede proprio perché la legge dovrebbe far loro la "violenza" di considerarle comunque legate, sia pure attraverso un labile PACS, contro la loro volontà.

Qualcuno potrebbe dire: "ma queste coppie vorrebbero usufruire di alcuni diritti (in genere di carattere economico), che non sono attualmente riconosciuti se non alle coppie sposate".
A questi si deve rispondere: "tali diritti non sono loro riconosciuti, perchè le coppie conviventi non hanno l’intenzione di assumere quei doveri che sono parte essenziale dell’istituto matrimoniale. Non è giusto pretendere diritti senza assumere doveri!"

Inoltre, va detto che alcuni diritti possono essere attivati tramite il diritto volontario e senza alcuna necessità di introdurre nel codice nuovi istituti giuridici, quali i PACS.

- Il testamento, ad es., esiste proprio per far sì che si possa trasmettere il proprio patrimonio a chi non avendo vincoli legali e/o familiari col testatore sarebbe escluso dalla successione legittima.

- La locazione della casa di comune residenza può essere stipulata congiuntamente dai due partner, in modo tale che al momento della morte dell’uno essa possa, senza alcuna difficoltà, proseguire a carico dell’altro.

Non è vero, in altre parole, che ai conviventi vengano negati specifici diritti civili: la differenza rispetto al matrimonio sta semplicemente qui, che quei diritti che la legge riconosce automaticamente alla coppia che contrae matrimonio (assieme a corrispondente numero di doveri) nel caso delle convivenze devono essere, per dir così, attivati dai conviventi stessi. Il che, oltre tutto, è particolarmente coerente col principio, tipicamente moderno, dell’autonomia della persona, un principio che viene costantemente rivendicato ed elogiato dalla cultura c.d. "laica" e che non si vede perché, solo nel caso delle convivenze, debba essere messo da parte.



2) Circa le seconde, quelle che non possono sposarsi: si dividono a loro volta in due sotto-categorie:

La prima è composta da coloro che non possono ancora sposarsi per impedimenti transitori di tipo in genere legale (ad es. per la minore età o perché uno dei partner è in attesa del divorzio, ecc.).
Per queste coppie l’offerta del PACS è senza senso: la stessa difficoltà, destinata a risolversi comunque da sola, che preclude loro le nozze precluderebbe loro anche il PACS.

La seconda sotto-categoria è composta invece da quelle coppie che vorrebbero sì sposarsi, ma ritengono di non poterlo fare, per difficoltà economiche, e rimandano quindi, a volte sine die, il matrimonio. L’autentico modo di venire incontro ai bisogni sociali di queste coppie non è certo quello di offrire loro un "piccolo matrimonio" (secondo l’incisiva e ironica definizione del Card. Ruini), come è appunto il PACS, che non risolverebbe alcuna delle difficoltà economiche in questione, ma quello di attivare quelle iniziative sociali a favore della famiglia (ad es. circa i costi degli alloggi, gli asili nido, la gestione degli anziani...), che oltre tutto sarebbero doverose già in base al dettato della nostra Costituzione.



PERTANTO, IL PACS NON È NECESSARIO, E TANTO MENO È OPPORTUNO.



Anzi, il PACS è nocivo, dannoso.







Perchè il PACS è DANNOSO?




Per due motivi in particolare.



1) Introdurre il Pacs comporta l’offuscare la realtà e il valore della famiglia legittima fondata sul matrimonio.

La famiglia, pur manifestando nella storia e nella società forme diverse, è struttura antropologica fondamentale che attraversa e non nasce dalle diverse culture nel tempo, e, pur essendo inserita e coinvolta nei cambiamenti storici, ne è, allo stesso tempo, al di fuori e al di sopra .

La Costituzione stessa italiana, all'articolo 29 riconosce i "diritti della famiglia come società fondata sul matrimonio".
Pertanto una eventuale introduzione del PACS sarebbe anche in contrasto con la Carta costituzionale italiana.

La famiglia non è il risultato di una dinamica sociale, non è un prodotto storico, ma un a-priori, una realtà che viene prima della società e dello stato: la famiglia è la cellula fondamentale e centrale della società, il primo ed essenziale livello dell’articolazione sociale, la sorgente e la risorsa primaria della società stessa.

Piuttosto che indebolire o offuscare la realtà della famiglia, creando altre forme o surrogati di essa, sarebbe quanto mai opportuno e anzi necessario, rafforzare, promuovere e aiutare l’istituzione familiare. In tale senso sarebbero quanto mai opportuni tutti quei provvedimenti che possono essere di sostegno ad esempio alle giovani coppie nel formare una famiglia e alla famiglia stessa nella generazione ed educazione dei figli. Al riguardo vengono subito alla mente problemi come quelli dei costi degli alloggi, degli asili-nido e delle scuole materne per i bambini più piccoli.

Pertanto è da ritenersi una cosa gravemente dannosa oscurare il valore e le funzioni della famiglia fondata sul matrimonio come istituto di diritto naturale, attribuendo, ad altre forme di unione, impropri riconoscimenti giuridici.



2) Dietro la richiesta del PACS sembra ci sia una richiesta profondamente diversa, e cioè quella di una prima forma di riconoscimento legale delle coppie omosessuali, che dovrebbe aprire la strada, in tempi ora come ora imprevedibili, ma che per alcuni dovrebbero essere brevi, ad una compiuta equiparazione del matrimonio omosessuale al matrimonio eterosessuale. Che le cose stiano proprio così è fuor di dubbio, per le esplicite dichiarazioni fatte dai principali rappresentanti del movimento degli omosessuali e dai loro simpatizzanti.

Ma a questo riguardo bisogna ricordare che:

la coppia omosessuale non crea famiglia: lo impedisce la sua costitutiva sterilità. Di qui, la pretesa, confusa, di ammettere le coppie omosessuali all’adozione. Ma è ben noto che la psicologia dell’età evolutiva sottolinea l’esigenza importantissima per i bambini di possedere una doppia figura genitoriale, maschile e femminile.

Se le unioni omosessuali venissero legalizzate, ciò significherebbe:

- approvare un comportamento deviante

- farlo diventare un modello nella società

- offuscare valori fondamentali, quali il matrimonio e la famiglia.
Infatti il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con grave detrimento del bene comune: perderebbe l’essenziale riferimento ai fattori collegati alla eterosessualità, come ad esempio il compito procreativo ed educativo.

Ci sono inoltre buone ragioni per affermare che tali unioni omosessuali sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale.

Sussiste anche sempre il pericolo che una legislazione che faccia dell’omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge.

Il Card. Joseph Ratzinger, da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, affermava che
«la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la Chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano»?
(Lettera sulla cura pastorale delle persone omossessuali, 1986).







Quale IMPEGNO SI DEVE ASSUMERE?




Occorre che tutti noi riaffermiamo, difendiamo e promuoviamo sempre più l’identità del matrimonio come unione di un uomo e di una donna.

Ha detto molto giustamente BENDETTO XVI: "Non si tratta qui di norme peculiari della morale cattolica, ma di verità elementari che riguardano la nostra comune umanità: rispettarla è essenziale per il bene della persona e della società. È un grave errore - ha detto Benedetto XVI - oscurare il valore e le funzioni della famiglia legittima fondata sul matrimonio, attribuendo ad altre forme di unione impropri riconoscimenti giuridici, dei quali non vi è, in realtà, alcuna effettiva esigenza sociale"
(Discorso ai politici della Regione, Provincia e Comune di Roma, 12 gennaio 2006).

Argomento pubblicato su Blog CATTOLICI, il Raccoglitore Italiano di BLOG di Fedeli CATTOLICI...
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- Non potete alterare o trasformare quest'opera, nè usarla per crearne un'altra.


Si ringrazia,
Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Raffaello Martinelli,
Vescovo della Diocesi di Frascati.













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"[...] Non abbiate paura!
APRITE, anzi, SPALANCATE le PORTE A CRISTO!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa "cosa è dentro l’uomo". Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. [...]"


Papa Giovanni Paolo II
(estratto dell'omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978)



 
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