Che cosa dice LA CHIESA circa I DICO?
* Nei confronti della singola persona, la Chiesa dice SI:
· al rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua condizione sessuale e la sua scelta di vita affettiva e relazionale. Tale rispetto le è dovuto, proprio in quanto persona, la quale, perché creata a immagine e somiglianza di Dio, precede e trascende la propria sessualità;
· a utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive, da attuare nell’ambito dei diritti individuali, all’interno della normativa civilistica, senza ipotizzare una nuova figura giuridica;
· a un’accoglienza positiva dei conviventi, mediante iniziative pastorali concrete, attuate da personale preparato e competente.
* Nei confronti della famiglia, la Chiesa dice SI:
· alla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Circa la famiglia, sono tre i caratteri distintivi e imprescindibili: la differenza sessuale, la fedeltà stabile tra i coniugi e l’apertura alla vita. E ciò per natura, cioè da sempre e dovunque, e non per cultura, cioè a seconda delle usanze, delle etnie, delle latitudini e delle mode. “Il matrimonio come istituzione non è una indebita ingerenza della società o dell’autorità, l’imposizione di una forma dal di fuori nella realtà più privata della vita; è invece esigenza intrinseca del patto dell’amore coniugale e della profondità della persona umana” (BENEDETTO XVI, Discorso al Convegno della Diocesi di Roma, 6 giugno 2006);
· a una indispensabile e prioritaria politica familiare, a favore: dei giovani, delle coppie giovani sposate, di una abitazione a prezzo agevolato, delle famiglie povere, della tutela della natalità-fecondità-maternità, dei figli già nati e che nasceranno, degli anziani in famiglia, delle madri lavoratrici in casa e fuori…
· a un’azione pastorale più incisiva e completa verso la famiglia (pastorale familiare);
· a una testimonianza positiva e gioiosa delle coppie sposate in chiesa, così da offrire un esempio, un modello attraente, appetibile per i giovani fidanzati e per le stesse coppie di fatto.
* La Chiesa, pertanto, dicendo si alle suddette realtà fondamentali, dice di conseguenza NO alla legalizzazione delle unioni di fatto, che è inaccettabile sul piano di principio, e pericolosa sul piano sociale ed educativo.
Esaminiamo in particolare i motivi di questo NO.
Perchè LA CHIESA DICE NO alla LEGALIZZAZIONE delle UNIONI DI FATTO ETEROSESSUALI?
Perché, tale legalizzazione:
* toglie al matrimonio la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro. Estendendo alle coppie di fatto alcuni diritti riservati finora al matrimonio e alla famiglia, si introduce qualcosa di pericolosamente alternativo alla famiglia, così come è definita anche nella Costituzione Italiana;
* rende inutili i matrimoni civili: se un uomo e una donna vogliono che il Diritto riconosca la loro unione, lo strumento c’è già, ed è il matrimonio al Comune;
* influisce negativamente sulla mentalità e sul costume sociale. La storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume, e questo perchè la legge, qualunque legge, è di per se stessa un pedagogo:
· e questo: perché spesso si pensa che ciò che è legale sia anche morale e dunque cadono le remore etiche; perché la legalizzazione di una prassi la rende più comodamente accessibile; perché elimina le pene e le sanzioni;
· i Dico diventano anche un modello, un invito, un simbolo, un incentivo per i giovani a non assumersi responsabilità;
· “Quando vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio, la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico. In tal caso il decidersi per chi già fa fatica, diventa ancora più difficile” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2006);
* è in contraddizione con la natura della convivenza di fatto, la quale ha in sé un principio, quello del rifiuto del vincolo pubblico, in quanto si affida alla sola volontà delle parti di mantenere o risolvere la relazione. Ciò significa un principio di individualismo e soggettivismo totale, per cui il singolo ha per coscienza solo la sua libera scelta e può determinare il rapporto come un mero dato di fatto, che non vuol riconoscere come vera relazione pubblica;
* cela un equivoco radicale e cioè il principio assolutizzante secondo cui è vietato vietare: ciascuno è libero di fare ciò che crede, senza diritto di determinare in alcun modo i comportamenti altrui;
* pone alcune domande fondamentali:
· A quale quadro di valori e di principi ci si riferisce circa: la concezione dell’uomo, della donna, della famiglia, della società, del futuro?
· Quali devono essere i criteri di riferimento nel prendere le decisioni in una società democratica: solo il criterio del numero di maggioranza?
* crea la possibilità di frodi, abusi, truffe di chi vuole aver benefici e diritti senza avere alcun dovere. Infatti come si può controllare se la relazione sessuale dei conviventi è effettiva o soltanto dichiarata per ottenere il godimento dei diritti che deriverebbero dai Dico? In alcuni paesi europei (ad es. la Francia) esiste ormai un traffico di diritti di conviventi offerti a precise tariffe. Inoltre può benissimo succedere un altro tipo di truffa: che uno dei due conviventi dichiari la convivenza senza che l’altro lo sappia. Cioè Tizio e Caia coabitano. Caia va all’anagrafe, invia a Tizio la raccomandata, che arriva quando Tizio non è a casa. A casa c’è lei, dato che vivono insieme, e lei firma la ricevuta: così Tizio non sa che ha fatto un Dico…
Perchè la CHIESA DICE NO ALLA LEGALIZZAZIONE delle UNIONI OMOSESSUALI?
Oltre a tutti i motivi sopra-addotti contro la legalizzazione delle coppie di fatto eterosessuali, ci sono ulteriori motivi aggravanti contro la legalizzazione delle unioni omosessuali.
La Chiesa dice NO alla relazione omosessuale, in quanto questa:
1) non riconosce la differenza specifica sessuale, l’originalità oggettiva e rispettiva di ciascun sesso (donna, uomo); relativizza e addirittura contraddice il riconoscimento sia della differenza che della complementarietà tra l’uomo e la donna; non rappresenta una integrazione della complementarietà sessuale. Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso. Mentre nella corporeità dell’uomo e della donna c’è scritta una naturale e strutturale differenza e insieme complementarità in vista della stessa vita affettiva, sessuale dei coniugi;
2) non può dare vita a un figlio, e quindi tra l’altro non può dare quel fondamentale contributo alla società che è la procreazione. Quel contributo senza il quale la società si suicida. Solo la famiglia aperta alla vita può essere considerata vera cellula della società, perché garantisce la continuità e la cura delle generazioni. Il bene della generazione dei figli è la ragione specifica del riconoscimento sociale del matrimonio. È interesse della società e dello Stato che la famiglia sia solida e cresca nel modo più equilibrato possibile.
In che senso I DICO (convivenze) CREANO UNA GRAVE DISCRIMINAZIONE?
* Essi creano una grave discriminazione in quanto trattano in modo uguale situazioni molto diverse. Esiste infatti una rilevante differenza:
· tra matrimonio e convivenza, che sono realtà molto diverse:
• sul piano oggettivo: esiste una rilevante differenza tra chi si impegna pubblicamente di fronte alla collettività a formare un nucleo familiare, e chi vuole che il proprio legame resti di natura privata;
• sul piano sessuale: esiste una radicale differenza tra la relazione di un uomo e una donna rispetto alla relazione di due persone dello stesso sesso;
• quanto alla durata della relazione: c’è differenza tra l’impegno assunto ad tempus (pro nunc: per ora, limitato nel tempo) come fa la convivenza, e l’impegno assunto pro semper (per sempre) come avviene nel matrimonio;
• sul piano del rapporto tra diritti e doveri: mentre il matrimonio è fortemente impostato sui doveri, per tutelare il più possibile i soggetti deboli, le nuove forme di convivenza sarebbero centrate maggiormente sui diritti;
· tra convivenze e altre relazioni affettivo-solidaristiche (ad esempio: forme di assistenza reciproca tra anziani o tra religiosi che vivono insieme e si sostengono reciprocamente o tra nonni e nipoti che vivono insieme…): perché mai privilegiare i conviventi? Forse perché le loro relazioni hanno alla base un’unione sessuale? Ma, se conta solo questa, allora bisognerebbe incentivare economicamente anche altre relazioni sessuali, quali ad esempio la poligamia, l’incesto… E poi, perché solo le relazioni tra due persone, non tra tre, quattro o più persone?
* D’altra parte, concedere uno status diverso ai coniugi rispetto ai conviventi non è una discriminazione: la relazione dei coniugi è diversa da quella dei conviventi, perché questi, tra l’altro, non si assumono le responsabilità e gli obblighi a cui i coniugi si impegnano.
In che modo I DICO PONGONO GRAVI PROBLEMI SUL PIANO DEL DIRITTO?
* Essi pongono gravi problemi sul piano del Diritto, in quanto:
· introducono una nuova fattispecie, poiché i diritti dei conviventi vengono riconosciuti appunto in quanto di conviventi, in quanto cioè la convivenza è considerata giuridicamente rilevante per la società;
· snaturano la realtà stessa del Diritto:
• Il Diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza o di fornire riconoscimenti ideologici. Il Diritto ha invece il fine di garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che vanno al di là della dimensione privata dell’esistenza.
• Non ogni nostro desiderio o scelta può e deve essere riconosciuto dal Diritto, o addirittura diventare uno status. Soprattutto, non è il valore soggettivo di un rapporto interpersonale a determinare il grado di protezione che deve ricevere dall’ordinamento giuridico, ma il suo valore sociale. L’ordinamento non protegge un rapporto solo perché percepito come significativo dai soggetti che vi sono coinvolti, ma perché ad esso riconnette un valore per l’intera società. Per es., l’amicizia, pur essendo una delle cose in assoluto più gratificanti per una persona, e pur potendo essere addirittura più forte e significativa di alcuni convivenze di coppie, per il Diritto non è rilevante.
• Per di più, l’elemento affettivo sfugge all’osservazione del Diritto: come lo si pesa? Con quale criterio si valuta la sua importanza?
• Appare assurdo e contraddittorio che l’ordinamento giuridico riconosca uno status ‘di diritto’ a conviventi che vogliono rimanerlo solo ‘di fatto’.
* In ogni caso, il timbro di legalità, apposto variamente, non modifica una cosa ingiusta, rendendola giusta.
Sono molte LE COPPIE DI FATTO, IN ITALIA?
In Italia, le coppie di fatto eterosessuali sono certamente in aumento, sebbene restino a livelli assai più contenuti che in altri Paesi, ma la grande maggioranza di loro vive nella previsione di un futuro possibile matrimonio, oppure preferisce restare in una posizione di anonimato e di assenza di vincoli. Secondo alcune attendibili inchieste, tali coppie di fatto sono appena il 4% del totale, e solo il 6% degli italiani ritiene che i Dico siano un problema importante. Nei comuni italiani dove sono stati istituiti i registri delle unioni di fatto, e nei Paesi europei dove già esistono legislazioni similari ai Dico, la richiesta di iscriversi è stata davvero irrisoria, cioè interessa pochissimo ai conviventi. Dunque i Dico non regolerebbero un imponente fenomeno di costume (che non c’è), ma lo promuoverebbero e incoraggerebbero, creando opzioni alternative alla stessa famiglia, che è e resta una risorsa insostituibile anche per la stessa società.
Come GARANTIRE alcuni DIRITTI alle PERSONE CONVIVENTI?
* Alcuni diritti sono già garantiti: Ad esempio:
· la tutela dei figli, nati fuori dal matrimonio, è già garantita sia della Costituzione che dal Diritto di famiglia;
· è già consentita la visita in ospedale o in carcere al convivente di fatto;
· è già garantita al convivente superstite la permanenza nell’abitazione affittata dal compagno/a defunto/a, purché entrambi stipulino il contratto;
· è vero che il convivente non è erede, ma ciò può avvenire, limitatamente alla quota disponibile, mediante testamento;
· la pensione di reversibilità non spetta al convivente, e questo perché:
• la Corte Costituzionale (461/2000) ha spiegato che essa non è un diritto umano fondamentale;
• la sua attribuzione esige una certezza di rapporto, per evitare frodi;
• è un giusto beneficio e privilegio per il matrimonio, data la sua funzione sociale;
• l’autonomia privata viene incontro ai conviventi, che possono stipulare polizze assicurative volontarie;
• la pensione di reversibilità ha un profilo pubblicistico: è un onere che ricade a carico di tutta la collettività, la quale dove troverebbe le risorse per finanziare questa operazione, visto che non riesce ad aumentare adeguatamente neppure le pensioni minime agli anziani?
* Altri diritti si possono riconoscere comunque ai singoli in quanto singoli, ma non in quanto aventi relazioni di coppia. Se si rivelasse la necessità di allargare la protezione giuridica di singole persone che convivono, si può seguire la strada del diritto comune o quella di modifiche del codice civile, oppure quella di regolamenti amministrativi, o iniziative autonome delle parti, purché si rimanga nell’ambito dei diritti e doveri della persona.
Come deve COMPORTARSI IL POLITICO CATTOLICO?
* Il Papa Benedetto XVI, nella sua recente Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis, ha affermato: «I politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana», tra i quali rientra «la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna» (n. 83). «I Vescovi – continua il Santo Padre – sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato» (ivi). Sarebbe quindi incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto.
* Il fedele cristiano è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l’insegnamento del Magistero e pertanto non «può appellarsi al principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società» (Nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 5).
* In particolare occorre ricordare l’affermazione precisa della Congre-gazione per la Dottrina della Fede, secondo cui, nel caso di «un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge» (Considerazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, n. 10).
Perchè i VESCOVI INTERVENGONO?
* I Vescovi hanno il diritto e dovere di essere custodi di una verità e di una sapienza che traggono la loro origine dal Vangelo e che continuano a produrre frutti preziosi di amore, di fedeltà e di servizio agli altri, come testimoniano ogni giorno tante famiglie. E pertanto hanno la responsabilità di illuminare la coscienza dei credenti, perché trovino il modo migliore di incarnare la visione cristiana dell’uomo e della società nell’impegno quotidiano, personale e sociale, e di offrire ragioni valide e condivisibili da tutti a vantaggio del bene comune.
* La Chiesa da sempre ha a cuore la famiglia e la sostiene con le sue cure, consapevole, insieme con moltissimi altri, anche non credenti, del valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della società intera, per le quali l’esistenza della famiglia è una risorsa insostituibile. Per questo da sempre chiede che anche il legislatore la promuova e la difenda.
* “Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo? Non è piuttosto il loro – il nostro – dovere alzare la voce per difendere l’uomo, quella creatura che, proprio nell’unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio?” (BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2006).
* Occorre guardarsi “da quell’atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore” (BENEDETTO XVI, Discorso, 24-3-07).
* I Vescovi offrono pertanto l’occasione alla coscienza di tutti e in particolare a quanti hanno la responsabilità di fare le leggi, di interrogarsi sulle scelte coerenti da compiere e sulle conseguenze future delle loro decisioni.
* I Vescovi non hanno interessi politici da affermare; solo sentono il dovere di dare il loro contributo al bene comune, sollecitati oltretutto dalle richieste di tanti cittadini che si rivolgono a loro.
NB: per approfondire l’argomento, si leggano i seguenti documenti:
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, nn.47-50;
PAOLO VI, Lettera Enciclica Humanae vitae, 1968;
GIOVANNI PAOLO II, Esor. Ap. Familiaris consortio, 1982; Lettera Ap. Mulieris dignitatem, 1988;
BENEDETTO XVI, Deus Caritas est, LEV, 2006;
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE (CDF):
Dichiarazione Persona humana, 1975;
Alcune questioni di etica sessuale, 1976;
Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986;
Istr. Donum vitae, 1988;
Alcune Considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24 luglio 1992;
Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003;
Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella chiesa e nel mondo, 2004.
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (CCC), nn. 337-350; 487-502 ; 1601-1666; 2331- 2400; 2357-2359, 2396;
COMPENDIO DEL CCC, nn. 487-502;
CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale…, 4 nov. 2005;
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Sessualità umana: verità e significato, 1995 (VS);
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota del Consiglio Episcopale Permanente a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto, 28-3-07;
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Comunione e servizio, la persona umana creata a immagine di Dio, 2004, nn.32-39, 2004;
Si vedano anche altre mie schede catechistiche: Donna e uomo; Matrimonio e famiglia; Situazioni affettive irregolari; Omosessualità e Chiesa…
Si ringrazia,
Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Raffaello Martinelli,
Vescovo della Diocesi di Frascati.
Ciascuno è chiamato alla santità nella Chiesa.
Ora la santità è seguire le orme di Cristo che è venuto ad annunciare a tutti la salvezza e ha affidato tale missione di annunciatore a ciascun cristiano e alla Chiesa.
La società d’oggi ha bisogno dell’annuncio del Vangelo. Come si manifesta tale bisogno?
• L’odierno contesto culturale, contrassegnato sia da un diffuso relativismo come dalla tentazione di un facile pragmatismo, esige più che mai l’annuncio coraggioso della Verità che salva l’uomo e la società.
• L’ordine etico sociale ha bisogno di essere illuminato dall’annuncio di Cristo. E questo perché, come giustamente ha affermato Papa Giovanni XXIII nell’Enciclica Mater et Magistra (n. 193), “l’ordine etico religioso incide più di ogni valore materiale sugli indirizzi e le soluzioni da dare ai problemi della vita individuale e associata, nell’interno della comunità nazionale e nei rapporti tra essi”.
• L’annuncio del Vangelo aiuta a comprendere il patrimonio storico-culturale di molti popoli e nazioni. Infatti i principi del Vangelo sono parte costitutiva di tale patrimonio: la storia, la cultura, la civiltà di molte generazioni, lungo i secoli, sono impregnati di cristianesimo e intimamente intrecciati al cammino della Chiesa. Testimoniano ciò non solo le innumerevoli opere d’arte, che hanno impreziosito i diversi luoghi del mondo, ma anche le tradizioni, gli usi, le abitudini, che caratterizzano il pensare e l’agire dei diversi popoli.
• Il mondo d’oggi, mentre facilita la comunicazione, dubita della capacità della persona di conoscere la verità, o addirittura nega la possibilità dell’esistenza di un unica Verità e tuttavia nello stesso tempo manifesta in svariati modi un bisogno di Assoluto, una sete insaziabile di Verità e di Certezza. L’annuncio evangelico viene incontro a tali esigenze ed è in grado di dar loro piena soddisfazione.
• L’annuncio del Vangelo, afferma Giovanni Paolo Il nell’Enciclica Slavorum Apostoli (n.18), “non porta all’impoverimento o allo spegnimento di ciò che ogni uomo, popolo e Nazione, ogni cultura durante la storia riconoscono ed attuano come bene, verità e bellezza. Piuttosto, esso spinge ad assimilare e a sviluppare tutti questi valori: a viverli con magnanimità e gioia, e a completarli con la misteriosa ed esaltante luce della Rivelazione di Cristo”.
Per i suddetti motivi e per altri ancora, è assolutamente necessario annunciare Gesù Cristo che è morto e risorto per la salvezza di tutti.
Ed è fonte di immensa gioia spalancare a Cristo le porte dei nostri cuori, delle nostre famiglie, di tutti i popoli e del mondo intero.
Argomento pubblicato su Blog CATTOLICI, il Raccoglitore Italiano di BLOG di Fedeli CATTOLICI...
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- Non potete alterare o trasformare quest'opera, nè usarla per crearne un'altra.
NB Per approfondire l’argomento, ecco alcuni documenti pontifici:
* GIOVANNI PAOLO II:
- Redemptoris missio
- Slavorum Apostoli;
* CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (CCC), nn. 422-682;
* CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dominus Iesus, 2000.
Si ringrazia,
Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Raffaello Martinelli,
Vescovo della Diocesi di Frascati.