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Enciclica "Laudato si'" - Considerazioni













"Laudato si'": il pianeta ha bisogno di un'"ecologia integrale"





La presentazione dell'Enciclica "Laudato si'" nell'Aula Nuova del Sinodo - 18/06/2015



L’ecologia integrale diventi un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana: questo il cuore della seconda Enciclica di Papa Francesco, “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, pubblicata oggi. Il documento prende il titolo dall’invocazione di San Francesco d’Assisi nel “Cantico delle creature”. Suddivisa in sei capitoli, l’Enciclica raccoglie, in un’ottica di collegialità, anche diverse riflessioni delle Conferenze episcopali del mondo e si conclude con due preghiere, una interreligiosa ed una cristiana, per la salvaguardia del Creato.

“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra”: Francesco di Roma si pone sulla scia di Francesco d’Assisi per spiegare l’importanza di un’ecologia integrale che diventi un nuovo paradigma di giustizia, in cui la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili. Nei sei capitoli dell’Enciclica, il Papa evidenzia che la nostra terra, maltrattata e saccheggiata, richiede una “conversione ecologica”, un “cambiamento di rotta” affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per “la cura della casa comune”. Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri, l’accesso equo, per tutti, alle risorse del Pianeta.

1° capitolo: no alla cultura dello scarto. Tutelare diritto all’acqua
Il Papa mette in guardia dalle gravi conseguenze dell’inquinamento e da quella “cultura dello scarto” che sembra trasformare la terra, “nostra casa, in un immenso deposito di immondizia”. Dinamiche che si possono contrastare adottando modelli produttivi diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l’uso limitato di risorse non rinnovabili. Anche i cambiamenti climatici sono “un problema globale”, spiega l’Enciclica, così come l’accesso all’acqua potabile, che va tutelato in quanto “diritto umano essenziale, fondamentale ed universale”, “radicato nell’inalienabile dignità” dell’uomo. Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità perché ogni anno, a causa nostra, “scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che i nostri figli non potranno vedere”. E “non ne abbiamo il diritto”, sottolinea Francesco, evidenziando poi l’esistenza di un “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo, connesso a squilibri commerciali. “Il debito estero dei Paesi poveri – infatti – si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”. Creare sistema normativo per proteggere ecosistemi “Il deterioramento dell’ambiente e quello della società - afferma il Papa - colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta”, spesso considerati “un mero danno collaterale”. Per questo, un vero approccio ecologico deve essere anche sociale. La soluzione, allora, non è la riduzione della natalità, ma il contrasto ad un consumismo “estremo e selettivo” di una parte della popolazione mondiale. Di fronte, poi, ad un certo intorpidimento e ad una “spensierata irresponsabilità” nell’uomo contemporaneo, urge “creare un sistema normativo” per assicurare la protezione degli ecosistemi.

2° capitolo: ambiente è dono di Dio, eredità comune da non distruggere
Si ribadisce la “tremenda responsabilità” dell’essere umano nei confronti del Creato e si ricorda che “l’ambiente è un dono collettivo, patrimonio di tutta l’umanità”, “eredità comune” da amministrare e non da distruggere. Seguendo il racconto biblico della Creazione, Papa Francesco evidenzia le tre relazioni fondamentali dell’uomo: con Dio, con il prossimo e con la terra. Ogni creatura ha una sua funzione, nessuna è superflua e tutto è “carezza di Dio”, scrive il Pontefice, ricordando che “ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura è contrario alla dignità umana”. Tuttavia, la cura degli altri esseri viventi va sempre accompagnata dalla “compassione e preoccupazione” per l’uomo. Ed è per questo che serve la consapevolezza di una comunione universale. In quest’ottica, rientra il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni: la tradizione cristiana, infatti, “non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, ed ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”.

3° capitolo: no a tecnocrazia. Essere amministratori responsabili del Creato
Tecnologia, antropocentrismo, lavoro ed ogm: l’Enciclica si snoda lungo questi quattro percorsi. Innanzitutto, pur riconoscendo i benefici del progresso tecnologico per lo sviluppo sostenibile, mette in guardia dalla tecnocrazia che dà “a coloro che detengono la conoscenza ed il potere economico di sfruttarla, un dominio impressionante sul mondo intero”. Allo stesso tempo, l’antropocentrismo moderno, che non riconosce la natura come norma, perde la possibilità di riconoscere il posto dell’essere umano nel mondo ed il suo ruolo di “amministratore responsabile” dell’universo. Difesa della natura incompatibile con la giustificazione dell’aborto Ne deriva una logica “usa e getta” che giustifica ogni tipo di scarto, che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani ed il commercio di “diamanti insanguinati”. È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori. Di fronte a tutto questo, occorre una “coraggiosa rivoluzione culturale” che mantenga in primo piano il valore delle relazioni tra le persone e la tutela di ogni vita umana, perché la difesa della natura “non è compatibile con la giustificazione dell’aborto”. Proteggere il lavoro. Dibattito su ogm sia ampio e responsabile Quindi, il Papa ribadisce la necessità di difendere il lavoro: tutti devono potervi accedere, perché esso “è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano”. “Rinunciare ad investire sulle persone in nome di un profitto immediato è un pessimo affare per la società”, afferma il Pontefice, evidenziando la necessità, a volte, di “porre limiti a coloro che detengono grandi risorse e potere finanziario”, affinché tutti possano beneficiare davvero della libertà economica. Quanto agli ogm, definiti “una questione di carattere complesso”, il Papa ne mette in luce, da una parte, il contributo alla soluzione di problemi economici, ma dall’altra le difficoltà legate alla “concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi”. Per questo, afferma, serve “un dibattito scientifico e sociale responsabile ed ampio, in grado di chiamare le cose con il loro nome”.

4° capitolo: ecologia integrale è inseparabile da bene comune
L’ecologia integrale divenga, dunque, un nuovo paradigma di giustizia, perché l’uomo è connesso alla natura ed essa non è “una mera cornice” della nostra vita. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale ed un’altra sociale – scrive il Papa – bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Di qui, il richiamo alla “amicizia civica” ed alla solidarietà, sia intra- che inter-generazionale, la cui lesione “provoca danni ambientali”. L’ecologia integrale “è inseparabile dalla nozione di bene comune” e ciò implica il compiere scelte solidali sulla base di “una opzione preferenziale per i più poveri”. Tutelare ricchezze culturali dell’umanità. Accettare proprio corpo, dono di Dio Non solo: la vera ecologia riguarda anche la cura delle “ricchezze culturali dell’umanità”, come ad esempio delle “comunità aborigene”, e dell’ambiente urbano, per migliorare la qualità della vita umana negli spazi pubblici, nelle abitazioni, nei trasporti che in molte città, scrive il Papa, comportano “un trattamento indegno delle persone”. Centrale è anche l’accettazione del proprio corpo come dono di Dio per accogliere il mondo intero come casa comune donata dal Padre e vincere, così, la logica del dominio. In quest’ottica, il Papa esorta ad “apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità, poiché “non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale”, con la quale non sa più confrontarsi.

5° capitolo: Vertici mondiali sull’ambiente hanno deluso le aspettative
Cosa possiamo e dobbiamo fare, dunque? chiede Francesco. E la risposta è “dialogare ed agire”. Certo, spiega, “la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica”, ma l’esortazione è comunque “ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità o le ideologie non ledano il bene comune”. Il dialogo è ineludibile tra economia e politica, sottolinea il Pontefice, affinché “si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana”. Il Pontefice chiama quindi in causa la politica internazionale e non risparmia un giudizio severo sui vertici mondiali relativi all’ambiente che, negli ultimi anni, “non hanno risposto alle aspettative” per una “mancanza di decisione politica”. Serve governance globale. Dominio assoluto della finanza non ha futuro Al contrario, serve una governance globale che si occupi dei beni comuni globali, perché spesso “sotto il rivestimento della cura per l’ambiente”, si aggiungono nuove ingiustizie per i Paesi più bisognosi di sviluppo e finisce per “piovere sempre sul bagnato”. Non solo: Francesco pone l’accento sulle criticità di un sistema che mira al “salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione”, e di un “dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi”. No alla corruzione. Ridefinire il progresso per migliorare vita delle persone Al livello nazionale, invece, la politica e l’economia devono uscire dalla logica di corto respiro, focalizzata sul profitto e sul successo elettorale a breve termine, dando spazio a processi decisionali onesti e trasparenti, lontani dalla corruzione che, in cambio di favori, “nasconde il vero impatto ambientale” dei progetti. Ciò che occorre, in sostanza, è “una nuova economia più attenta ai principi etici”, una “nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa”, un ritmo di produzione e di consumo più lento, così da “ridefinire il progresso”, legandolo al “miglioramento della qualità reale della vita delle persone”. Anche i diversi movimenti ecologisti e le religioni, in dialogo con la scienza, devono orientarsi alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità. E non è un caso se Francesco cita il Patriarca ortodosso Bartolomeo, il filosofo protestante Paul Ricœur, il mistico islamico Ali A-Khawas. Numerose anche le citazioni del teologo Romano Guardini.

6° capitolo: la sobrietà è liberante. Vale la pena di essere buoni e onesti
Educazione e formazione restano dunque, le sfide centrali da affrontare. Di qui, il richiamo a “puntare su un altro stile di vita” perché “non tutto è perduto” e “l’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”. Bastano piccoli gesti quotidiani, spiega il Papa: fare la raccolta differenziata dei rifiuti, ridurre il consumo di acqua, spegnere le luci inutili, coprirsi un po’ invece di accendere il riscaldamento e soprattutto “spezzare la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”. “La sobrietà – scrive il Pontefice – vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante” e “la felicità richiede di saper limitare quelle necessità che ci stordiscono”, lasciandoci invece aperti alle “molteplici possibilità che offre la vita”. In questo modo, diventa possibile sentire che “abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti”. L’Eucaristia unisce cielo e terra. Al di là del sole, c’è la bellezza di Dio Il Papa invita, infine, a guadare ai Sacramenti, esempi di come la natura sia stata assunta da Dio. In particolare, spiega, l’Eucaristia “unisce cielo e terra” e “ci orienta ad essere custodi di tutto il Creato”. Le lotte e le preoccupazioni per questo pianeta “non ci tolgano la gioia e la speranza” perché nel cuore del mondo c’è sempre l’amore del Signore. E allora “Laudato si’!”, scrive Francesco in una delle due preghiere che concludono l’Enciclica e che fa eco all’invocazione del Poverello di Assisi: “Camminiamo cantando!” perché “al di là del sole, alla fine, ci incontreremo faccia a faccia con la bellezza di Dio”.


fonte:
Radio Vaticana - servizio di Isabella Piro













"Laudato sì" - L’Ecologia non Ideologica





Massimo Introvigne commenta l’enciclica sul “Mattino” di Napoli del 19 giugno - Il Papa condanna "la giustificazione dell'aborto"



Con la sua seconda enciclica, «Laudato si’», la più lunga pubblicata da un Pontefice, Papa Francesco propone un grande affresco della crisi del mondo contemporaneo, di cui la crisi ecologica è insieme segno ed effetto. Comprensibilmente, molti commenti si concentrano sul primo capitolo, che presenta una sintesi della ricerca scientifica contemporanea sull’ambiente e adotta anche la teoria controversa del riscaldamento globale come fenomeno ampiamente causato dall’uomo, che non manca di detrattori anche tra gli studiosi cattolici. Tuttavia il Papa ripete più volte nel documento che «la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche», «non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto tra gli scienziati, xrispettando le diversità di opinione». Non è dunque rubare il lavoro agli scienziati il proposito dell’enciclica, che – oltre a San Francesco, da cui deriva il titolo – ha due principali ispiratori, il teologo italo-tedesco Romano Guardini e Benedetto XVI, l’autore più citato. Tra i fenomeni che vanno a costituire la crisi ecologica il Pontefice – attingendo alla sociologia – sottolinea quella che chiama «rapidizzazione» o accelerazione, cioè «l’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro» che ci trasmettono la sensazione costante di non avere abbastanza tempo. «L’accumularsi di continue novità consacra una fugacità che ci trascina in superficie in un’unica direzione. Diventa difficile fermarci per recuperare la profondità della vita». Si costruiscono anche città e palazzi in fretta, perdendo i valori del bello. «Se l’architettura – scrive Francesco – riflette lo spirito di un’epoca, le megastrutture e le case in serie esprimono lo spirito della tecnica globalizzata, in cui la permanente novità dei prodotti si unisce a una pesante noia».

La crisi ecologica comprende i problemi dell’acqua, dell’aria, dei rifiuti: ma il Papa si scaglia contro chi «invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso» propone come soluzione «la riduzione della natalità» e «politiche di “salute riproduttiva”» fondate sull’aborto. Francesco ripete la tradizionale posizione della Chiesa secondo cui «la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale». È uno dei momenti che consentono di misurare la distanza fra l’«ecologia integrale» di Francesco e un ecologismo ideologico, panteista, New Age, che considera la specie umana è «una minaccia», «per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta». Ecologia sì, ma «non possiamo sostenere una spiritualità che dimentichi Dio onnipotente e creatore. In questo modo, finiremmo per adorare altre potenze del mondo, o ci collocheremmo al posto del Signore».

In un’enciclica impregnata di francescano amore per gli animali, e di lamento per le specie che si estinguono e non potranno più dare gloria a Dio, il Papa sottolinea con forza che mai si dovranno «equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare». «Si avverte a volte – scrive Francesco – l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità fra gli esseri umani». Un indizio sicuro che un falso ecologismo è all’opera per il Papa è la «giustificazione dell’aborto»: non è credibile proporre la cura degli animali «quando non si dà protezione a un embrione umano». Né è coerente parlare di natura in genere e non riconoscere la natura umana, non «apprezzare il proprio corpo nella sua mascolinità e femminilità»: con un trasparente riferimento alla teoria del gender, il Papa afferma che «non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».

Dall’enciclica «Caritas in veritate» di Benedetto XVI, Francesco riprende la fortissima denuncia della tecnocrazia, del dominio della tecnica già «ostentato dal nazismo, dal comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni di persone» e che oggi si globalizza. Non bastano buona gestione dei rifiuti, convenzioni internazionali sul clima, trasporti efficienti ed ecologicamente sostenibili. L’«ecologia integrale» implica anche «la necessaria relazione delle vita dell’essere umano con la legge morale iscritta nella sua propria natura». Ispirata dalla morale, «la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia». Francesco cita Guardini, il quale già descriveva un uomo che «accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo fa con l’impressione che questo sia ragionevole e giusto». La tecnocrazia non si limita più al dominio: pretende il consenso. Per ribellarsi a questa situazione è indispensabile cambiare il proprio stile di vita. «Educazione ecologica» non può essere uno slogan: parte dal «coltivare solide virtù» attraverso il sacrificio, la sobrietà, l’amore per i poveri, i piccoli sforzi che si apprendono in famiglia – a partire dalla buona educazione, che è pure educazione a non sprecare – e anche una «adeguata educazione estetica». Il reiterato riferimento all’estetica di fronte alla gravità dei problemi potrebbe sembrare incongruo. Ma «quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli».












Ambiente sì, ma il cuore dell'enciclica è il degrado etico dell’uomo





Un documento in linea con il magistero degli altri pontefici, ma alcuni punti sono interpretabili in modo arbitrario



Caino (citato per altri scopi nel secondo capitolo dell’enciclica) fu in realtà il primo “ambientalista “ della storia . Si può supporre che la gelosia che lo spinse a uccidere Abele fosse dovuta al fatto che quest’ultimo deteriorava l’ambiente. Abele, infatti, inquinava la terra allevando troppi armenti. Ma non solo: sacrificando i migliori agnelli a Dio, inquinava l’aria con fumi di animali bruciati. Un vero inquinatore, e antianimalista! La coscienza ambientalista di Caino non poteva tollerarlo.

Catturata l’attenzione del lettore con questa ironica introduzione, di seguito proporrò anzitutto la mia lettura e interpretazione dell’enciclica; una lettura che prescinde da molti riferimenti complessi che vorrebbero un commento ben più vasto. Ma questa sintesi rappresenta – secondo me, attenzione – il Magistero di Papa Francesco e della Chiesa. Successivamente, proporrò alcune considerazioni generali testo diffuso oggi.

La mia sintesi dello spirito – o messaggio principale – dell’ enciclica è questa: “Il degrado ambientale è conseguenza del degrado etico dell’uomo, causato dal peccato, che rompe il rapporto scienza-religione. A quest’uomo è sfuggito di mano il senso della vita e delle azioni, ha smesso di nutrirsi intellettualmente e spiritualmente, trasformandosi in uomo materialista, privilegiando solo la soddisfazione materiale e convertendosi in consumatore eccessivo; un uomo dal comportamento irresponsabile. Detto comportamento ha progressivamente influenzato il suo stesso pensiero, lasciandolo suggestionare da una visione nichilista che lo ha portato non solo a non comprendere la natura, ma anche a non rispettarla, usando male la sua stessa libertà. A questo uomo, tecnologicamente avanzato ma impreparato e immaturo in sapienza, è sfuggito di mano anche lo stesso potere tecnologico, arrivando a usarlo in modo irresponsabile.

Perdendo Dio, infatti, l’uomo è arrivato a esasperare il relativismo dottrinale lasciando che gli strumenti a sua disposizione (tecnologici, economici) prendessero autonomia morale, per poi – come era prevedibile – sfuggirgli di mano. Per risolvere il problema del degrado ambientale, va cambiato il cuore dell’uomo e il suo comportamento, non tanto gli strumenti tecnologici. L’uomo va riportato a rispettare la creazione, e il primo passo è cominciare a rispettare la vita umana. Non è tanto la riduzione del numero di persone al mondo o le tecniche nuove che porranno rimedio agli errori, quanto i riferimenti a valori ed etiche comportamentali adeguate. Non si deve divinizzare la natura, bensì cambiare l’uomo ricollocandolo al suo posto nel creato, restituendogli il ruolo voluto da Dio. Ciò, naturalmente, ricollocando prima Dio al suo posto. E il compito di cambiare l’uomo è responsabilità della Chiesa, che deve prendersi carico della sua rieducazione. Insegnandogli a praticare le virtù secondo spiritualità cristiana ,con la preghiera, i sacramenti, e naturalmente con il suo Magistero (quale è questa enciclica).

Se questa mia sintesi fosse corretta, da ora in avanti non possono più esser messi in discussione – se mai lo fossero stati in precedenza – i punti di Magistero di seguito espressi: l’origine del comportamento che porta al degrado ambientale è il peccato e la perdita di Dio. E’ pertanto il degrado morale che comporta il degrado ambientale. Perciò è l’uomo che va cambiato, non gli strumenti tecnici, ed è la Chiesa responsabile di portare Dio al suo posto e restituire all’uomo il suo ruolo.

Considerazioni generali sull’enciclica possono esser utili solo al fine di spiegare alcuni punti che possono esser confondenti, ma soprattutto interpretabili arbitrariamente con l’obiettivo di metter in discussione quanto sopra sintetizzato sul messaggio chiave del documento.

Possono meritare precisazioni alcuni punti, che possono determinare confusioni circa le cause e gli effetti. Faccio solo tre esempi rintracciabili nell’enciclica.

Primo. Gli eccessivi consumi dell’uomo materialista che caratterizzano da più di trenta anni la cosiddetta civiltà consumistica sono causa – ma indiretta e a sua volta provocata – dell’inquinamento ambientale. Il consumismo (all’inizio soprattutto negli Stati Uniti) è stato effetto, conseguenza di politiche economiche mirate a compensare la dinamica negativa della crescita del prodotto interno lordo dovuta al crollo del tasso di natalità nel cosiddetto mondo occidentale. Come potrebbe infatti crescere in modo reale, nel tempo, il pil se la popolazione non cresce e invecchia? La risposta è che questo può accadere solo facendo crescere i consumi individuali. Ma ciò ha richiesto crescita di potere di acquisto, ottenuta delocalizzando produzioni in aree a basso costo, che hanno provocato una rapida industrializzazione in paesi impreparati e ancora insensibili alla protezione dell’ambiente. Tuttavia, ha prodotto anche deindustrializzazione nei paesi consumatori, spaccando il mondo in stati consumatori e non più produttori e stati produttori e non ancora consumatori, creando così le premesse per una instabilità economica globale e una maggiore indifferenza al problema ambientale. Poiché i consumi non bastavano a sostenere gli effetti dei costi conseguenti l’invecchiamento della popolazione, il modello consumistico adottato ha preteso il ricorso al debito dei consumatori; e quando questo è diventato insostenibile il sistema è crollato. Questo spiega anche il ruolo delle banche incoraggiate a sostenere detto sistema a debito, e pertanto la decisione di sostenerle quando si son trovate in difficoltà. Ma questi sono stati tutti una serie di effetti. E’ il crollo delle nascite nel mondo occidentale, dovuto alle dottrine neomalthusiane, la causa prima ed originale.

Secondo. La miseria materiale non è causa della miseria morale, ma ne è effetto, conseguenza. L’inequità non è l’origine dei mali, è conseguenza del peccato che provoca nell’uomo sentimenti di egoismo, avidità, indifferenza. Se questi sentimenti permanessero, anche una ripartizione equa delle risorse produrrebbe successive alterazioni dannose e penose.

Terzo. La causa di tanti errori nella applicazione di modelli tecnici scientifici non è l’ostacolo posto da criteri di valutazione morale. La causa sta nel voler negare il rapporto tra fini e mezzi e pensare che scienza e tecnica debbano avere autonomia morale.

Chi è così preoccupato di negare i tre punti esemplificativi sopra citati? Lo è il pensiero della gnosi, convinto di poter rifare la creazione (imperfetta) e ricostruire l’uomo, altrettanto imperfetto. I suoi seguaci vorrebbero l’ambientalismo quale religione universale nel mondo globale verso cui indirizzare tutte le altre spiritualità al fine di ridimensionare il valore unico di dignità dell’uomo creatura di Dio. Ma per esser più convincenti sul tema ambiente, per esempio, queste persone sostengono che chi nega le loro tesi ha interesse a sostenere lobby varie. Magari facendo finta di ignorare che la “resource revolution” legata al “climate risk”, conseguente a proposte di soluzione dell’ambientalismo, sono anch’esse business. Ma soprassediamo. Concludo ricordando che per risolvere un problema di questa importanza non sono gli effetti che vanno corretti, bensì le cause vere, che pertanto vanno ben individuate. Altrimenti si rischia di peggiorare gli effetti stessi. Quasi sempre le cause vere coincidono con la negazione di leggi naturali secondo la creazione. Questa enciclica, se io l’ho ben capita, lo spiega molto bene in continuità con il precedente Magistero degli altri pontefici.


fonte:
Il Foglio - Ettore Gotti Tedeschi




APPROFONDIMENTI:

"Laudato si'", un aiuto alla lettura dell'Enciclica

LETTERA ENCICLICA - LAUDATO SI’













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"[...] Non abbiate paura!
APRITE, anzi, SPALANCATE le PORTE A CRISTO!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa "cosa è dentro l’uomo". Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. [...]"


Papa Giovanni Paolo II
(estratto dell'omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978)



 
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